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Diane Keaton in Ruth & Alex
“A Hollywood ci sono solo tre età: bambola, procuratore legale e ‘A spasso con Daisy’” sentenzia Goldie Hawn, star che chiede al chirurgo plastico l’ennesima iniezione nelle labbra. È una battuta chiave de Il club delle prime mogli, una commedia che inquadra benissimo il trattamento delle donne nella società americana e nell’industria cinematografica di fine millennio. In quel film Hawn interpreta una star quarantacinquenne appena scaricata dal marito che ritrova forza grazie all’amicizia ritrovata con le vecchie compagne d’università ovvero Bette Midler e Diane Keaton (morta sabato 11 ottobre a 79 anni), tutte in quell’età (cinquanta) in bilico tra “procuratore legale” e “Daisy”.
Il film fu un successo imprevedibile, più di 180 milioni di dollari al botteghino mondiale, e negli anni è diventata un culto camp. E, più di Hawn e Midler, è Keaton – che qui si chiama come il suo personaggio più leggendario, Annie, ma con una personalità più nevrotica e vulnerabile – a essersi dimostrata la più ricettiva e perfino coraggiosa, nel periodo in cui peraltro si avvicina alla regia (l’opera prima, Eroi di tutti i giorni, è del 1995, a cui arriva dopo aver diretto un episodio della seconda stagione di Twin Peaks).


Diane Keaton, Goldie Hawn, Bette Midler in Il club delle prime mogli
(Uip)Dal Club in poi, Keaton non si è accontentata di essere merce a uso e consumo di Hollywood, assecondandone l’abitudine a non valorizzare le attrici mature in storie all’altezza, ma ha rivendicato il suo essere una donna in grado di rappresentare un tipo umano spesso trascurato e, perché no, un modello di ispirazione per il pubblico. Nella fase adulta della sua vita sul grande schermo, Keaton ha testimoniato – e forse incentivato – il cambiamento di una percezione collettiva attraverso l’appartenenza emotiva e culturale alla commedia come modo di stare al mondo e la centralità del desiderio legato alle occasioni dell’amore.
E se Amori in città... e tradimenti in campagna è un flop che non incide su niente (se non sullo status di Warren Beatty, con cui Keaton torna dopo il magnifico incontro in Reds), è con Tutto può succedere di Nancy Meyers che l’attrice trionfa e risplende. Nel ruolo di una celebre commediografa divorziata (il cui ex marito continua a mettere in scena le sue opere), Keaton è la versione più rilassata e disincantata di se stessa, una ragazza buffa e affascinante che piange e ride, flirta e si denuda, fa innamorare i giovani medici (Keanu Reeves) e i vecchi seduttori (Jack Nicholson, chimica pazzesca).
Tutto può succedere non dice solo che “non è mai troppo tardi” per l’amore ma rappresenta l’erotismo da adulti senza troppa retorica, con tenerezza ma anche malizia. E non poteva che essere Keaton, una baby boomer forte della credibilità “alternativa” e della fiducia generata da un rapporto sereno con il tempo che passa (per intenderci: nessun abuso nella chirurgia plastica), a incarnare un desiderio sentimentale e sessuale che trascende l’anagrafe. Il pubblico approva: più di 266 milioni di dollari e la quarta (ultima) candidatura all’Oscar per Keaton, che si presenta alla cerimonia si presenta con il suo tipico look (bombetta, cravatta, vestiti a strati).


Diane Keaton in Tutto può succedere
(Warner Bros)È una svolta: Keaton dimostra che anche un’attrice quasi sessantenne può avere potere commerciale, vantare il proprio credito contrattuale prima degli altri, concedersi il lusso di prestarsi a brutti film solo per il gusto o la necessità di occupare uno spazio. Certo, il terzo millennio segna anche l’influenza di Meryl Streep e la rinascita pop di Jane Fonda, le presenze costanti di Susan Sarandon e Jessica Lange, ma Keaton è l’“aging girl” più spumeggiante e meno istituzionale, lontana dalle grandi performance e coerente con un’idea di cinema sempre in dialogo con il pubblico.
Fa la madre, sì, ma le sue mamme sono sempre fuori dai canoni: indipendente e dinamica in Perché te lo dice mamma (70 milioni al box office), bohémien e volitiva in La neve nel cuore (93 milioni), pronta a rinascere in The Big Wedding (47 milioni), confusa e passionale in Ti presento i suoceri (5 milioni). Il brio la rende perfetta negli schemi “enemies to lovers”, dall’ex reginetta di bellezza in lotta con il giornalista Harrison Ford nel gustoso Il buongiorno del mattino (60 milioni) alla vedova che sogna di cantare e bisticcia con Michael Douglas in Mai stati vicini (25 milioni) fino alla moglie che vuole divorziare da John Goodman per poi riconciliarsi in Natale all’improvviso (43 milioni).


Diane Keaton in Il buongiorno del mattino
(Webphoto)Funziona pure quando i budget sono ridotti, che siano i third age dramedy Ruth & Alex con Morgan Freeman (2 milioni) e Appuntamento al parco (6 milioni) o la sciocchezza parafantasy Mack & Rita costata mezzo milione riesce a incassarne più di 2. Senza dimenticare i contributi televisivi, due suore che si chiamano Mary: quella autoritaria e bigotta di Sister Mary Explains It All e quella fedele, ambigua, potente al servizio (o viceversa) di The Young Pope.
È una scheggia e una leader che conta sulla solidarietà femminile in 3 donne al verde (26 milioni), Poms (16 milioni), gli ultimi Arthur’s Whisky e Summer Camp. E soprattutto Book Club (un altro club...), dove quattro settantenni ripensano le proprie vite sentimentali a partire dalla lettura di Cinquanta sfumature, una romcom tanto pigra quanto sorprendente con un clamoroso incasso di 105 milioni (budget di 10) che ha generato un sequel meno redditizio (30).
Sì, Diane Keaton ci lascia capolavori, personaggi leggendari, un’eredità culturale di rara potenza, ma anche una lezione politica. Come cantava e ballava nel finale del Club delle prime mogli: “You don’t own me/ I’m not just one of your many toys/ You don’t own me/ Don’t say I can’t go with other boys”.