Natalia (Anamaria Vartolomei) e Ginel (Ionut Niculae) si sono trasferiti nei Paesi Bassi dalla Romania (dove hanno lasciato una figlioletta). Cercano di sopravvivere e guadagnare qualcosa lavorando lui in un impianto di smistamento rifiuti, lei in una serra.

Un piccolo episodio darà il via ad una reazione imprevedibile, che costringe Ginel a lasciarsi trascinare dal connazionale, più impulsivo, Ita (Rareș Andrici). E insieme ad un altro amico decidono di mettere in atto un piano folle: rubare dei quadri dal valore inestimabile.

Scritto dal regista Palma d’Oro Cristian Mungiu e diretto da Teodora Ana Mihai (La Civil), Traffic – in concorso alla XXIX edizione del Tertio Millennio Film Fest – prende spunto da una storia vera, il furto avvenuto nell’ottobre 2012 al museo Kunsthal di Rotterdam: tre cittadini rumeni riuscirono a portare via 7 opere, quadri di Picasso, Gauguin, Matisse, Freud, Monet e Meyer de Haan (la coincidenza con il recente colpo avvenuto al Louvre è totalmente casuale).

Tanto basta alla regista belga-rumena per costruire un film capace di unire il realismo sociale alla commedia umana.

La prima parte di Traffic mette in campo con lucida sobrietà la quotidianità (anche emotiva) di chi è costretto ad arrabattarsi in una realtà non sua, quella sensazione di marginalità e ostilità costante vissuta sulla pelle dei migranti. Senza intromettersi “moralmente”, Mihai suggerisce due atteggiamenti agli antipodi, quelli di Ginel e Ita, con il primo (vessato anche dai debiti) orientato a proseguire sulla strada del basso profilo e il secondo – che non si fa neanche scrupolo di far prostituire la compagna – deciso invece ad uscire dall’angolo in cui l’ha relegato l’Occidente intraprendendo la via criminale, portandosi appresso come detto l’amico riluttante.

Traffic di Teodora Ana Mihai
Traffic di Teodora Ana Mihai

Traffic di Teodora Ana Mihai

Si passa così alla fase heist movie, quella dove emerge anche l’aspetto più grottesco del racconto (la scena in cui Ginel deve recuperare i due complici una volta usciti dal museo…) e alla problematica successiva: come, e soprattutto a chi, provare a piazzare una simile, “inestimabile” refurtiva?

Ecco allora che Traffic sposta il suo raggio d’azione e riporta i personaggi nel loro villaggio d’origine: è qui che l’assunto teorico del film trova la sua massima espressione, nel contrasto anche cromatico tra la civiltà (evoluta culturalmente, si pensi al gallerista) asettica e indifferente della prima parte e l’arretratezza fangosa di un luogo dove la miseria non scalfisce però l’importanza degli affetti (la figlioletta e il ruolo non indifferente che in tutta la vicenda avrà l’anziana madre di Ginel): che “valore” possono avere in un contesto simile – dove si fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena – quelle opere d’arte dal “valore inestimabile”? E quanto vale, davvero, ogni esistenza umana?