Diretto da Eric Lavaine, Torno da mia madre si mostra nella mera forma di commedia francese, leggera ma intrisa di profonde tematiche sociali. Un’opera che non aggiunge e non toglie nulla al genere, e che neppure si pone l’obiettivo di farlo. Tema fulcro del film che vede protagonisti Alexandra Lamy, Josiane Balasko e Mathilde Seigner, è il fenomeno “generazione boomerang”, ossia quella fascia di individui che si ritrovano forzati a tornare a vivere dai genitori. La generazione boomerang è citata, si fa riferimento alle problematiche ad essa legate, ma presto nella sceneggiatura trovano spazio i rancori familiari e soprattutto il valore dell’amicizia. Proprio su quest’ultimo elemento infatti il film si muove per tutta la sua durata: dal disperato tentativo di Stéphanie, quarantenne divorziata e senza lavoro costretta a tornare a vivere dalla madre, di chiedere aiuto ad amicizie ormai assopite, sino all’ amara scoperta che rivela ai suoi occhi l’egoismo spregiudicato di colei che considera l’ amica del cuore nonché ex socia in affari. Anche i legami di sangue, molto tesi tra loro, occupano larga parte del girato mostrando i lati più nascosti, le frustrazioni e le accese rivalità tra fratelli e sorelle. La figura genitoriale si mantiene in realtà sullo sfondo lasciando prendere il sopravvento all’analisi dei rapporti individuali scavando nei dissapori facilmente reperibili all’interno del nucleo familiare e mettendo a nudo l’ipocrisia che si cela dietro il falso mito della fraterna amicizia. Un film che tocca un nervo scoperto, ma che si distanzia dall’idea principale: raccontare la generazione boomerang.