Presentato al Festival di Cannes (Première) e diventato la sorpresa estiva nei cinema francesi, con quattro settimane in top ten e oltre 450.000 spettatori, La notte del 12 si ispira a fatti realmente accaduti, raccontati nel libro inchiesta 18.3: Une année à la PJ di Pauline Guéna, che per un anno ha seguito il lavoro di un commissariato di polizia giudiziaria.

È un’operazione sorprendente, quella di Dominik Moll, che recentemente aveva realizzato Only the Animals - Storie di spiriti amanti (arrivato da noi con due-tre anni di ritardo, lo scorso maggio in sala), intanto per come rilegge la tradizione del noir francese, ma soprattutto per la disinvoltura con cui porta avanti la linea della detection svincolandosi però dai consueti parametri dei thriller preconfezionati.

Nello specifico, il film segue l’indagine condotta da Yohan (Bastien Bouillon), da poco a capo della polizia giudiziaria di Grenoble e chiamato a confrontarsi con un terribile omicidio, l’uccisione della giovane Clara, bruciata viva per strada. Insieme al collega Marceau (Bouli Lanners) indaga su tutti i conoscenti della ragazza, svelando i molti segreti di una provincia all'apparenza tranquilla ma realizzando infine che ogni uomo è un potenziale colpevole.

“Il rapporto tra uomini e donne è centrale nel film – spiega Moll –. Sappiamo che molte notizie di cronaca sono direttamente legate a casi di violenza perpetrati dagli uomini contro le donne. Gli ufficiali che devono combattere questa violenza sono di fatto quasi esclusivamente uomini. A cosa pensano questi uomini quando indagano sui crimini commessi contro donne che potrebbero essere le loro figlie, le loro partner, le loro amiche, le loro sorelle? Come vedono i sospetti? E le vittime? Quali sentimenti provoca in loro tutto questo? Volevamo che il film portasse il pubblico a porsi tali domande”.

È questo il nodo centrale sul quale si interrogano tanto il regista quanto il film, che ragiona su femminicidio e banalità del male, mantenendo intatta la coerenza di atmosfere notturne e giornate infruttuose, senza dimenticare l’importanza di uno scavo che passo dopo passo riesce a portare in superficie il vissuto, e il pregresso, di personaggi ricchi di sfumature.

La notte del 12
La notte del 12
La notte del 12
La notte del 12

Si pensi ad esempio alla situazione di Marceau, prossimo alla separazione con la moglie, argomento mai spiattellato dalla sceneggiatura ma che resta sottotraccia e incide sull’evoluzione della caratterizzazione, o all’indicibile senso di inadeguatezza di Yohan di fronte all’irresolutezza del caso, caso che inevitabilmente finirà per ossessionarlo.

In tutto questo, Moll – anche grazie ad un periodo trascorso in un vero commissariato di Grenoble – riesce a scovare la “verità” di situazioni quotidiane nei rapporti tra i colleghi, persone che non necessariamente incamerano allo stesso modo le scorie di quello che continuano a considerare nulla più che un lavoro. E affida non a caso a due personaggi femminili, la giovane recluta Nadia (Mouna Soualem) e la giudice istruttrice (Anouk Grinberg), il compito di far aprire gli occhi a Yohan.

Poggiato su un magnifico score di Olivier Marguerit, La notte del 12 è cinema capace di girare in tondo (il velodromo dove le sere si allena il protagonista), di avvilupparsi intorno a vertigini esistenziali e al tempo stesso, con estrema naturalezza, di elevarsi verso vette inesplorate. Da vedere.