Roma, futuro indicativo, presente prossimo. La città è al collasso, non piove da una vita, l'acqua è razionata, divieti ovunque, e tra qualche giorno è previsto lo switch off definitivo dell'erogazione pubblica.

Il Tevere non esiste più e, con esso, si stanno prosciugando anche gli ultimi scampoli di coesistenza civile. Intanto le blatte si stanno facendo largo e una misteriosa epidemia inizia a mietere le prime vittime.

È lo sfondo su cui si muove il nuovo film di Paolo Virzì, Siccità, da un soggetto scritto insieme a Paolo Giordano con la collaborazione in sceneggiatura di Francesca Archibugi e Francesco Piccolo.

Siccità - Silvio Orlando (credits: Greta De Lazzaris)[/caption]

Fuori Concorso a Venezia 79 (poi in sala dal 29 settembre con Vision Distribution), il film segue molteplici linee narrative, seguendo l'andirivieni di altrettanti personaggi che cercano - chi meglio, chi peggio - di barcamenarsi in questi giorni di arida follia.

C'è ad esempio Loris (Valerio Mastandrea), un tempo autista di un importante politico (Andrea Renzi), ora costretto a combattere contro la sonnolenza mentre cerca di raccattare il maggior numero di clienti (anche un coreano dal nome cinematograficamente altisonante, Bong Joon-ho...) a bordo di una vettura sporca e maleodorante; uscito da Rebibbia per puro caso, poi, Michele (Silvio Orlando) si ritrova catapultato in un mondo completamente cambiato rispetto a 25 anni prima: il suo unico scopo è quello di ritrovare quella che un tempo era solamente una bambina; Giulia (Sara Serraiocco) e Valerio (Gabriel Montesi) aspettano il primo figlio, lei infermiera, lui poco di buono che però inizia a lavorare come uomo della security in un lussuoso resort termale, luogo ovviamente preso di mira da un manipolo di manifestanti: qui inizia a seguire personalmente la figlia del ricco proprietario (Emanuela Fanelli), donna onesta e intelligente ma timida e insicura a causa delle continue infedeltà del marito.

Siccità - Valerio Mastandrea (credits: Greta De Lazzaris)

Nell'ospedale di Giulia lavora anche la dottoressa interpretata da Claudia Pandolfi, un matrimonio fallito alle spalle e un'attuale relazione (con Vinicio Marchioni) prossima al fallimento, con la figlia adolescente impegnata in un'orchestra che, in quelle ore, si prepara per un concerto a scopo benefico.

In tutto questo, un attore (Tommaso Ragno) ha trovato la sua nuova ragione d'essere trascorrendo le giornate a postare stories sui social, mentre la moglie trascurata (Elena Lietti), una volta titolare di una libreria ora cassiera di un supermercato, flirta via smartphone con un vecchio compagno del liceo.

"Nel momento in cui le strade delle nostre città erano deserte, ed eravamo chiusi ciascuno a casa propria, connessi l’uno all’altro solo attraverso degli schermi, ci è venuto naturale guardare avanti, interrogandoci su quello che sarebbe stata la nostra vita dopo", spiega Virzì nelle note di regia, che mette in piedi questa distopia neanche troppo inverosimile senza dimenticare il gusto di una poetica capace di scandagliare le intime miserie di "personaggi ugualmente innocenti e colpevoli, un’umanità spaventata, affannata, afflitta dall’aridità delle relazioni, malata di vanità, mitomania, rabbia, che attraversa una città dal passato glorioso come Roma, che si sta sgretolando e muore di sete e di sonno”.

Ogni racconto procede autonomamente per poi confluire in un intreccio più grande che lo spettatore avrà modo di scoprire: la vena apocalittica dell'insieme viene naturalmente smussata dall'abituale via di fuga che regalano (e sono molti) irresistibili guizzi che i vari componenti del cast sanno regalare con indiscutibile bravura, al netto di qualche linea narrativa che forse si poteva risolvere un po' più agilmente.

Siccità - Elena Lietti (credits: Greta De Lazzaris)

Dal liberatorio "J'ho cacato sulla barca" ai magnifici momenti in cui Mastandrea si ritrova a dialogare in una stramba allucinazione con i genitori (Gianni Di Gregorio, sontuoso, e Paola Tiziana Cruciani), dall'homeless Max Tortora, un tempo titolare di un raffinato negozio di abbigliamento in centro, passando per la trasformazione di un colto professore (Diego Ribon), esperto di idrologia, la cui ribalta mediatica e il conseguente narcisismo (quei capelli...), con tanto di invito galante da parte di una diva del cinema (Monica Bellucci), non può non far pensare all'exploit modaiolo dei tanti virologi del nostro ultimo biennio, Siccità - che per alcuni aspetti viaggia in parallelo con il recente Don't Look Up di Adam McKay - si specchia sul nostro sconforto in attesa di un insperato acquazzone che possa, magari solamente per poco, ricalibrare il peso di esistenze ormai destinate alla letargia profonda. La speranza è nella riconnessione.