Tra i vari meriti, l’ultimo body horror che ha conquistato il mondo – parliamo di The Substance, naturalmente – ha anche quello di aver concettualizzato il genere fino a svelare lo statuto teorico della storia e delle modalità con cui la regista l’ha messa in scena, configurando il grottesco in una sorta di performance artistica: una donna anzi due, una casa che è museo dunque simulacro, un corpo che muta e si cannibalizza.

Together, il body horror che vuole conquistare il mondo (presentato in anteprima italiana al Biografilm), non ha la stessa impalcatura intellettuale, perlomeno così evidente e implacabile, ma ha con The Substance condivide alcuni elementi: due personaggi o forse no, una casa che non è quello che sembra, corpi che mutano (e, aggiungiamoci, ricercati farmacologici, che non sono segreti ed elitari ma comuni nonostante i cambi di nome: “È Valium, ma ora si chiama Diazepam” rassicura il medico).

È tutto nel titolo, in fondo, e per carità di lettore ci si dovrebbe fermare qui per evitare di anticipare troppo, ma l’esordio di Michael Shanks dimostra quanto l’horror – anzi: il body horror – sia uno spazio stimolante per ragionare sulla sostanza di cui sono fatti gli incubi (ne vediamo materialmente alcuni, che poi forse hanno poco a che fare con l’attività onirica) e, perché no, sulle conseguenze dell’amore nei termini di codipendenza.

Già, perché Together inizia così, raccontando lo stato di una coppia che sta lasciando la metropoli per una nuova vita in un paesino sperduto tra boschi e campagna: lui, che a trentacinque anni coltiva ancora il sogno di diventare una popstar, è tormentato da un ricordo terribile e, di riflesso, rimpiange un’antica armonia perduta; lei è volitiva e intraprendente, vorrebbe sposare il compagno dopo dieci anni di relazione ma non riesce a risolvere il suo malessere ormai costante. Sembrerebbe una sorta di dramma sentimentale con qualche bizzarria splatter, finché i due cadono in un burrone nel bosco: la breve avventura della sopravvivenza s’attaglia alla riscoperta di un legame comunque forte, ma in quella notte fuori dal mondo è successo qualcosa.

Alison Brie e Dave Franco in Together
Alison Brie e Dave Franco in Together

Alison Brie e Dave Franco in Together

(Courtesy of NEON / Ben King)

Anche produttori esecutivi nonché sposati nella vita reale, Alison Brie e Dave Franco sono coinvolti investono tutto e, in fondo, ci rivelano quanto Together sia anche una versione estrema della “commedia del rimatrimonio”: prima di arrivare alle nozze sperata, un uomo e una donna devono riunirsi (in questo riavvicinarsi poiché non c’è separazione ma incomprensione) e superare gli ostacoli per raggiungere una felicità nuova e differente.

Certo, con il paranormale di mezzo la questione è più complessa, ma è affascinante osservare come un’opera prima come Together sappia misurarsi non solo con i feticci del genere di riferimento ma riesca a guardare fuori, incrociando gli schemi del mélo, le incursioni della commedia, le influenze della televisione e della rete (i protagonisti sono fruitori di programmi di sopravvivenza e cercano persone e informazioni sui social). E se alcune immagini non possono che essere derivative, è nel frame finale che il film esplode in tutta la sua consapevolezza politica, quasi a dirci che per interrogare la complessità del reale – e tutto ciò che lo trascende – non possiamo che interrogare l’horror (che sia anche un’allegoria sulle coppie, sulle identità, sui generi?).