Mentre sta per arrivare nelle sale il bel film di Thomas Vinterberg Il sospetto, la sezione Alice presenta in concorso un film italiano che adombra anch'esso una vicenda di pedofilia. Pulce non c'è mette in scena lo shock subíto da un uomo ritenuto un pedofilo, con l'aggravante che il sospettato è il padre della bambina, per giunta autistica. Tutto comincia come da manuale, con l'insegnante che traduce come vuole i segnali mandati dalla piccola, la Pulce del titolo, e avvia una catena senza fine di soprusi e violenze psicologiche.
Cronaca puntuale dunque e paradigmatica di quanto quotidianamente accade in molte città d'Italia e del mondo, con contorno scontato di assistenti sociali privi di scrupoli e psicologi da quattro soldi. Certo, prevenire è meglio che trovarsi di fronte all'irreparabile, ma l'impressione è che lunga sia la lista dei genitori messi sentimentalmente al bando prima di indagini approfondite e verifiche, queste sì, al di sopra di ogni sospetto.
L'opera prima di Giuseppe Bonito, ispirata al romanzo omonimo di Gaia Rayneri, punta a un realismo familiare di stampo minimal-televisivo, affidandosi molto alla bravura degli attori che interpretano i genitori di Pulce, Marina Massironi e Pippo Delbono. Più che la disperazione della bambina e della sorella preadolescente, sono loro i sentimenti che il regista indaga con maggiore attenzione nell'intento di svelare poco a poco i segreti custoditi nell'alveo familiare. Avanza così a tratti, prima dello scioglimento finale del dramma, il dubbio sulla reale colpevolezza del padre. Ed è il risvolto migliore di un film per altri versi timido nello svincolarsi dalle regole della fiction tv. Le intenzioni, tuttavia, restano ottime. Per lo meno una famiglia in cui i problemi sono quelli di vite vere e non i finti patemi delle esistenze zuccherose modello “Cesaroni” e “Tutti pazzi per amore”.