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Ogni anno la Mostra del Cinema di Venezia abbraccia una vena anche musicale. Abbiamo visto al Lido tra gli altri Roger Waters (Roger Waters Us + Them), Jimmy Page (Becoming Led Zeppelin) e Mick Jagger (era nel cast di La tela dell’inganno). In questa edizione il focus è sull’Italia (Nino D’Angelo, De Gregori), e su uno dei rocker più famosi in attività: Piero Pelù. Il titolo è Piero Pelù. Rumore dentro di Francesco Fei, che aveva già collaborato con i Litfiba per i video di Regina di cuori, Goccia a goccia e Vivere il mio tempo. L’arrivo al lungometraggio è stato quindi un percorso naturale.
Il film farà un’uscita evento nelle sale il 10, 11 e 12 novembre, oggi è in anteprima fuori concorso al Lido. Affronta le conseguenze di un momento cruciale per Pelù. Nell’ottobre del 2022 durante una registrazione, un errore causato dal cambio delle cuffie lo ha portato a uno shock. Da allora soffre di acufene, sente un continuo rumore. Ha subito un danneggiamento del nervo acustico, col rischio di non poter suonare più.
Pelù mette a nudo le sue fragilità, non ha paura di aprirsi come persona. Mostra materiale inedito, si rivolge ai suoi fan, ma anche a chi lo conosce poco. Si fa riflessivo. La musica si mescola alle immagini, all’on the road. Il centro è un viaggio, il pellegrinaggio dei gitani in Camargue. Il risvolto spirituale è inaspettato, anche se il protagonista si definisce ateo e agnostico. Il rumore dentro del sottotitolo indica però una necessità di appartenenza, un’urgenza nel definire sé stessi anche se si è famosi.
Piero Pelù. Rumore dentro ha i toni di una confessione sincera. Non si dimentica l’animale da palcoscenico, lo spirito ribelle, ma si indaga un lato del cantante che forse non è così familiare. Fei evita l’agiografia, e avvicina il rocker agli spettatori, lo fa diventare parte del suo pubblico. Pelù ragiona sull’esistenza, fa un vero e proprio bilancio. Si confronta con i suoi tormenti, alimenta una propria spiritualità, è un indomabile che analizza il tempo che passa.
Fei gira “non un documentario, non un docufilm, ma un viaggio” affettuoso, decisamente snello (82 minuti di durata contro le 2 ore abbondanti di gran parte dei titoli al Lido), accorato, in cui all’individualismo del divo si unisce il bisogno di far parte di una comunità più ampia di cui possa condividere l’anima. Come canta Pelù in una dei suoi titoli più famosi (Il mio corpo che cambia): “Cos’è, cos’è questa sensazione? È come un treno che mi passa dentro senza stazione. Dimmi qual è, qual è la mia direzione?”. In qualche modo Piero Pelù. Rumore dentro è la risposta a questa domanda.