Nemo propheta in patria. Quando si è donna nell'Iran dei mullah. E Marjane Satrapi, che da bimba davvero aspirava alla divina "professione", nel 1994 a 25 anni sceglie l'esilio. A Parigi, senza hijab in testa ma con una matita in mano, schizza pensieri e ricordi in forma di fumetto. Nasce Persépolis, il primo graphic novel iraniano della storia. Ed è subito "cult" planetario, tanto che il cinema ne vuole dar testimonianza. In 3 anni di lavorazione con il collega francese Vincent Paronnaud dà vita al film omonimo, a cui Cannes riconosce il Premio della Giuria. L'eco del plauso contagia Hollywood, dove è tra i candidati all'Oscar come miglior film d'animazione. Di bandiera transalpina, perché la Francia ha prodotto e poi scelto "l'iraniano" Persépolis quale suo "profeta" all'Academy. I motivi si spiegano nei pregi mostrati in ciascuno dei 95' del film, illuminato da rara intelligenza creativa e narrativa. Strutturato a flashback, Persépolis si apre su Marjane, appena atterrata in Francia. Il volto dal disegno stilizzato e realistico - incredibilmente somigliante alla vera Satrapi - riflette la tristezza di chi si è lasciato alle spalle la sua terra, forse per sempre. Per questo il pensiero, che si fa immagine, vola al passato. Gioie ma soprattutto dolori e paure di un'infanzia e adolescenza trascorse sullo sfondo di un Paese alla deriva ierocratica, dalla dittatura dello Scià alla rivoluzione islamica sfociata nelle assurdità del fondamentalismo. L'autrice, che la famiglia intellettual-sinistroide ha mandato per alcuni anni a studiare in Austria, vive le passioni e contraddizioni della sua età (e del suo Paese) rappresentandole nel film con tocchi di sapiente ironia e leggerezza. Davanti a Persépolis, esente da autocompiacimenti e qualunquismi, si ride e ci si emoziona, si impara e si riflette. Una sinfonia animata in bianco e nero, espressione della vita di una donna simbolo di tutte le donne in lotta per rigenerare la propria dignità, ovunque. Da vedere e ricordare.