Inizia non a caso in una cucina Partir un jour, film di Amélie Bonnin (che estende il suo omonimo corto del 2023, premiato ai César), prima regista donna ad aprire il Festival di Cannes (fuori concorso) con un’opera d’esordio.

Capiremo strada facendo che è proprio amalgamando vari ingredienti, la commedia generazionale con il musical e il mélo esistenzialista, che la regista classe ‘85 “cucina” questo film imperfetto quanto si vuole, ma dalla vitalità sincera e di sottile malinconia. 

Rispetto al corto precedente, Bonnin (che firma lo script insieme a Dimitri Lucas) inverte la rilevanza dei due ruoli principali, quindi stavolta l’eroina della storia è Cécile (Juliette Armanet), giovane donna che ha appena scoperto di essere incinta e sta per inaugurare il suo ristorante gourmet, insieme al compagno Sofian (Tewfik Jallab), realizzando finalmente il suo sogno. Quando suo padre viene colpito da un infarto viene però richiamata nella sua piccola città natale, lontana dalla frenetica vita parigina. Lì ritrova inaspettatamente la sua cotta adolescenziale, Raphaël (Bastien Bouillon). Mentre i ricordi riaffiorano, le sue certezze iniziano a vacillare…

Come sempre “allungare” un’idea che nasceva breve è un rischio non da poco: seppur dalla durata contenuta (94 minuti) Partir un jour inciampa qua e là in qualche incidente di tenuta, ma nonostante questo riesce a regalare qualche bel momento, oltre a qualche spunto per riflessioni di natura nostalgica. 

Certo, gioca molto sulla consueta contrapposizione tra metropoli e provincia rurale, contrapposizione acuita dal locale stellato che sta per aprire a Parigi la protagonista e il ristorante rustico di famiglia dal quale è fuggita anni prima e nel quale ora è ritornata.

Ma riesce a farlo anche attraverso trovate non sempre scontate o derivative: in tal senso anche il rapporto conflittuale con il padre (François Rollin) viene portato avanti mescolando vari registri, passando dal comico (l’uomo si è annotato su un taccuino tutte le dichiarazioni della figlia durante la trasmissione di cucina per cui è diventata celebre) al malinconico (l’incontro notturno), oltre al gusto di rielaborare una decina di brani pop della musica francese “piegandoli” alle esigenze diegetiche del racconto. Con tanto di interruzione sul nascere di una performance (qualcuno che apre una porta senza preavviso) e di rievocazione di quel pomeriggio nel lontano 2001, nella pista di pattinaggio del paese, con tutti intorno che ritornano ragazzi…

Magari un bacio, chissà, avrebbe cambiato il corso delle cose. Ma in fondo, come ricorda la sempre divina Dominique Blanc (la mamma di Cécile), rielaborando a sua volta Dalida e Alain Delon (che a loro volta rielaboravano Mina...), sono solo Paroles… Paroles...