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Manoel De Oliveira sul set di O estranho caso de Angelica
101 anni, e farli sentire tutti, con leggerezza. Tra arte e vita, perché Manoel De Oliveira ritorna sulla Croisette con un film strano nel titolo, lirico per vocazione, giovane nello sguardo: O estranho caso de Angelica, presentato nella sezione Un Certain Regard, porta sullo schermo un progetto accarezzato quasi 60 anni fa, successivamente rielaborato e ora concretizzato, nonostante lo scetticismo del maestro portoghese nella capacità onitica e riflessiva della macchina da presa. Si`, perché il caso è quello del sogno, che riporta in vita una sposa splendiamente defunta grazie all'obiettivo di un fotografo amatoriale, che nei suoi scatti ritrova il sorriso e gli occhi di Angelica. Con la recitazione sottratta e trattenuta di Ricardo Trepa, il fotografo sefardita ama tutto quel che sta scomparendo: dai viticoltori del Douro che perseverano nel lavoro manuale alla sua vecchia camera analogica, fino ad Angelica, che ritroverà in un lirico abbraccio in bianco e nero per un volo sul mondo di chagalliana memoria. Qui, De Oliveira conferma il suo inestinguibile talento, forzando lo statuto ontologico del Cinema per far rinascere dal fermo immagine la vita che non si arresta: utopia? Forse, ma posata, libertaria e struggente, ancor più a 101 anni. La morte non è la fine, ci mostra il regista protoghese, e l`amore va preservato, a costo della vita stessa: ma non è, solo, amour placidamente fou, ma attenzione al presente e al futuro del nostro pianeta, minacciato da crisi economica, inquinamento e apatia. Possiamo ancora avere tutto, ci dice De Oliveira, l`importante è amare. E sognare, ovvero credere che lìntervento sul reale, la riproduzione di realtà trovi la vita. E non solo al cinema.