In un futuro ipertecnologico, una squadra di scienziati indipendenti, pacifisti e parecchio fricchettoni, si vede costretta, per motivi assicurativi (!) ad accettare la presenza di un robot per la sicurezza nella loro nuova e perigliosa missione spaziale. Scelgono quello che costa meno, un modello un po' bruttarello, comunque con altissimi tassi di micidialità: un'arma da guerra fatta e finita.

Neanche il robot SecUnit, abbreviazione di "Security Unit" (Alexander Skarsgård, Succession, recentemente in Lee Miller, qui anche produttore esecutivo), è felice della situazione: in verità non sopporta gli esseri umani, i loro sentimenti e altre inutili smancerie. Lui, il robot, ha un segreto da tenere nascosto: è riuscito a guadagnarsi la libertà di pensiero sabotando il proprio sistema operativo, disabilitando il controllo che la compagnia produttrice ha su di lui. Di fatto, può non rispondere più a nessun ordi-ne. Si è anche dato un nome: Murderbot, ovvero macchina assassina. Da allora suo unico e irrefrenabile desiderio è guardare e riguardare soap opera kitsch, all'infinito.

Dalla penna di Martha Wells arriva un viaggio nella mente del robot protagonista della prolifica saga di romanzi The Murderbot Diaries, già vincitrice dei prestigiosi premi Hugo e Nebula e qui creato per il piccolo schermo dai fratelli Weitz (About a Boy). Commedia, sci-fi e azione mantengono l'equilibrio per dieci episodi intensi e veloci (meno di mezz'ora l'uno, quasi sempre) con un finale che lascia aperte le porte per eventuali, nuove stagioni.

Murderbot
Murderbot

Murderbot

Murderbot è una serie accattivante e divertente, gioca con lo spettatore fin dalle premesse, che paiono evocare gli scenari apocalittici delle saghe di Robocop e Terminator e invece la cosa più orribile sono proprio gli spezzoni di The Rise and Fall of Sanctuary Moon, soap opera amata dal nostro, con un'ambientazione alla Star Trek, parrucche allucinanti e dialoghi folli e ieratici. SecUnit poteva diventare un omicida di massa, ma ha scoperto il canale di intrattenimento televisivo della sua compagnia ed è rimasto asfaltato dal binge watching.

Questa ossessione, unita al bisogno di solitudine e alla paura di ricambiare uno sguardo, lo rendono vulnerabile, forse perfino adorabile, nonostante abbia armi letali nascoste nelle braccia. Osserva con sconforto gli umani che deve proteggere mentre prendono decisioni destinate al fallimento, perché prese sull'onda delle emozioni e dell'istinto al mutuo soccorso.

L'atmosfera cialtronesca de I guardiani della galassia incontra l'eroe solitario di The Mandalorian. Quando cinismo e sarcasmo, suoi cavalli di battaglia, prendono il sopravvento, si rifugia col pensiero su Sanctuary Moon, i cui episodi occupano largo spazio nella memoria. E, intanto, cerca di capire quale sia il suo posto nel mondo. Il suo, neanche a dirlo, è il sempreverde e amato tòpos dell'eroe riluttante a entrare in azione: molto, molto umano, malgrado la tuta corazzata. Il ricco cast pesca molto bene tra serie televisive e cinema: David Dastmalchian (Oppenheimer, Dune), Jack McBrayer (30 Rock), Noma Dumezweni (Presunto innocente).