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Metropia
Doppietta svedese alla Settimana della Critica. Vengono infatti dalla terra di Bergman l'Evento speciale Videocracy di Erik Gandini, che come ormai tutti sanno riflette sullo stato della televisione in Italia, e il film di apertura Metropia di Tarik Saleh, lungometraggio di animazione che disegna un futuro apocalittico. Curiosamente i due registi, amici nonché collaboratori avendo cofirmato nel 2001 Sacrificio - Who betrayed Che Guevara e nel 2005 Gitmo – New rules of war, documentario sconvolgente sul carcere di Guantanamo, si presentano a Venezia con due opere per certi versi complementari per capire il presente e immaginare come potrebbe invece essere il futuro prossimo. Se infatti Gandini partendo dal caso Italia analizza una società già pienamente dis-educata dalla televisione, Saleh fa un passo avanti e, senza dimenticare "1984" di Orwell, illustra un domani in cui il vecchio continente non è più diviso in singole nazioni ma uno stato-Europa controllato da occhi nascosti ovunque e plasmato attraverso una rete di comunicazione globale. Non bastasse, la volontà dei singoli è manipolata da una misteriosa voce interiore che al primo cenno di cedimento invita a dare sempre il meglio di sé, cosa non facile vista la cupezza che avvolge tutto e tutti. Il film è ambientato nel 2024 e c'è ancora tempo prima che gli incubi raccontati prendano vita, ma sarà il caso di cominciare ad attrezzarci per evitare alle generazioni future il triste destino di Roger, il protagonista cui dà voce Vincent Gallo. L'importanza dell'esordio di Saleh nella finzione non si ferma certo al tema affrontato, ma anzi trova il punto di maggior interesse nella forza delle sequenze di animazione digitale realizzate unendo immagini, disegni e frottage. Una tecnica frutto di un lavoro lungo e laborioso, premiato da un risultato destinato a occupare un posto di rilievo nella storia dell'animazione.