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Wednesday. (L to R) Thing, Jenna Ortega as Wednesday Addams in episode 202 of Wednesday. Cr. Courtesy of Netflix © 2025
Che i protagonisti dei film di Tim Burton, freak per eccellenza, siano tutti alter ego del regista è oramai un fatto consolidato. Tra loro si può annoverare anche la Mercoledì della serie omonima Netflix: al cineasta mancava esplorare la famiglia Addams.
La seconda stagione della serie, disponibile con entrambe le sue parti sulla piattaforma, non è solo più matura della prima ma anche più familiare. Si può essere outsider tra gli outsider? La Mercoledì Addams di Jenna Ortega sembrava aver confermato di sì, alla ricerca della propria identità e di un posto nel mondo come tutti durante l’adolescenza. Eppure lei non è come gli altri: allergica a qualsiasi tipo di emozione ed interazione sociale, viene mandata dai genitori Gomez e Morticia alla Nevermore Academy, scuola speciale per reietti, per aiutarla a trovare il proprio branco. Ma lei non ne vuole sapere delle ridicole ripicche adolescenziali, dei primi amori non corrisposti, delle stupide gelosie tra amiche: la seconda stagione mette da parte quel lato del racconto premendo l’acceleratore sulla parte crime, che da sempre appassiona la ragazza, così come il pubblico.


Un nuovo caso – anzi più casi – su cui indagare la fanno da padroni nei nuovi otto episodi. Una stagione che non solo consolida pregi e difetti della prima ma prova anche a rispondere a numerosi interrogativi, lasciandone altri aperti per un terzo capitolo già ordinato dal colosso dello streaming. Per molti versi ricordando Stranger Things 4 – unico titolo che ha saputo scalzare come più visto su Netflix – non solo perché collega passato e presente ma anche perché è una questione di famiglia.
Gli Addams infatti hanno non pochi segreti nell’armadio e, se gli autori Alfred Gough & Miles Millar li avevano solamente accennati nel ciclo inaugurale, si sono resi conto di quanto Mercoledì non tirasse fuori tutto il proprio potenziale senza di loro. Se il conflitto porta evoluzione ad un protagonista, chi meglio del sangue del suo sangue per fargli affrontare i propri demoni? Ecco quindi che il Gomez di Luis Guzman e soprattutto la Morticia di Catherine Zeta-Jones (vero elemento salvifico della serie) si avvicinano il più possibile alla figlia, un pretesto dietro l’altro, per guidarla in questo suo bisogno autolesionistico di stare a braccetto col pericolo.
In parallelo approfondiamo il lignaggio di Tyler, primo amore di Wednesday e mostro per antonomasia (si chiama Hyde), che torna centrale in queste nuove puntate. A lui si affianca anche uno zombie, che ricorda il Frankenstein di Mary Shelley, tornato già in auge grazie a Guillermo Del Toro.


Una narrazione già vista, che gioca coi fan di quel mondo così iconico provando a raccontare addirittura l’origin story di Mano, e con new entry che della mostruosità e inadeguatezza hanno fatto il proprio marchio di fabbrica: il nuovo preside di Steve Buscemi, orgoglioso reietto, la vecchia dirigente di Gwendoline Christie, spirito guida ingombrante, la “testa” parlante e saccente di Christopher Lloyd.
Infine il misterioso personaggio di Lady Gaga, che con Born This Way aveva creato una sorta di manifesto musicale della diversità. Senza dimenticare la nonna materna di Joanna Lumley, scostante e impassibile tanto quanto la nipote, con cui ha un rapporto simbiotico saltando una generazione. Il resto rimane una fiera dei costumi, delle scenografie, di una cura che – quasi in modo programmatico per il colosso dello streaming – punta più sull’apparenza che sulla sostanza.
Un immaginario burtoniano che intrattiene ma non sorprende, che gioca troppo a creare delle sequenze costruite a tavolino – qualcuno direbbe, con l’algoritmo – come l’episodio in stile Quel pazzo venerdì. Il regista pur supervisionando tutta la serie ha diretto ancora una volta solo metà della stagione – i primi e gli ultimi episodi – cercando di mettere un punto a questo nuovo capitolo della storia di Mercoledì; ma cosa ci rimane davvero tra balli da social e un racconto sulla diversità non poi così diverso?