Benedetta tradizione. L'antico rituale maguindanao che vuole la futura sposa trascorrere un mese, da sola, nella sua stanza, in attesa del matrimonio, ci viene raccontato dal fotografo/giornalista filippino Gutierrez Mangansakan II con acritica distanza morale e assoluta dedizione espressiva in Limbunan, fuori concorso alla Settimana della critica 2010. Per capirci: l'acritica distanza morale significa che per una volta Mangansakan II non ragiona con la mentalità occidentale che tutto giudica, assolve o addita. L'isolamento della giovanissima Ayesah, promessa sposa per prepotenza paterna ad un grassottello figlio della famiglia predestinata, è enunciato narrativo posto in essere senza il classico moralismo eurocentrico che condannerebbe a prescindere il gesto, in quanto limitativo della libertà di scelta dell'individuo. Come dire, l'oppressione familiare, patriarcale, c'è; ma è la tradizione, il ripetersi ciclico del rito, che si afferma oltre ogni ragionevole j'accuse. Mangansakan II lo rende un dato sostanzialmente superabile e, sorretto da una preziosa curiosità nell'esplorare come da un'autentica verità nell'esporre, propone quest'accettazione del destino, come fosse una poesia naturalistica/antropologica anche delle sue radici di essere umano. Il trentaquattrenne regista ambienta Limbunan in una foresta tropicale delle Filippine sudorientali, focalizzando la sua attenzione sulle dinamiche della preparazione della sposa (la cura del corpo, la scelta dell'abito) e sul ritorno di fiamma di un antico amore (guerrigliero secessionista che appare all'improvviso). Ed è la progressione lenta, di quadro in quadro, della dimensione temporale a rendere Limbunan una sinfonia compenetrativa tra elementi della natura e schegge di quotidianità in essa immersa. La messa in quadro risulta un lavoro di pregiata finezza stilistica (l'ombra dietro il paravento di Ayesah che si trucca; il piano ribassato per la scena d'interni con le due sorelle sul letto/zanzariera e la madre incombente) fino alla mise en abyme del nucleo centrale narrativo registrato come accettazione del destino della protagonista. Impossibile non percepire questo respiro lento e meditativo, questo amore gentile per i dettagli (la raccolta dei fiori, l'apparizione dei transistor, i gesti culinari, ecc..): qui sì sorta di timoroso e simbolico riparo di un violento passato storico/politico fatto di scontri armati tra ribelli e governo filippino.