Per la cultura dell’America Latina, il peso di L’eternauta è gigantesco: fumetto nato nel 1957 dalle matite di Héctor Oesterheld e Francisco Solano López, ma assurto al rango di capolavoro nel ’69 quando Oesterheld lo riscrisse, coi disegni di Alberto Breccia, rendendone evidente la natura di metafora politica dei regimi autoritari o militari, che nel ’76 uccisero lo stesso scrittore.

Scegliere di realizzarne un adattamento televisivo per piattaforma, quando mai neanche il cinema si era azzardato, è un grosso rischio: a correrlo ci ha pensato Bruno Stagnaro che per Netflix ha adattato il fumetto avvicinandolo ai nostri giorni cercando di mediare tra le atmosfere livide del romanzo e le necessità dello streaming.

La trama vede Buenos Aires al centro di una misteriosa nevicata che uccide tutti e rende l’aria irrespirabile, Juan (Ricardo Darìn) e Tano (César Troncoso), tra i non molti sopravvissuti, si incaricano di aiutare le persone a resistere, ma soprattutto di reagire alla sconcertante verità, ossia che quelle neve è un’arma tossica con cui degli extraterrestri vogliono conquistare il pianeta.

Se è evidente come L’eternauta cerchi di esportare la vicenda a un pubblico più ampio, allargando i riferimenti culturali e rendendo più convenzionali la struttura e le atmosfere, va riconosciuto a Stagnaro e soci di aver mantenuto una solidità nazionale che ne è l’identità, senza svendersi agli stereotipi dello streaming, alle patinature leziose e anonime, come accaduto per Il gattopardo. Certo, la serie s’inceppa, perde ritmo e fatica a trovare una sua dimensione narrativa forte, la giusta tensione, ma è un viatico alla scoperta del fumetto e, come tale, tiene botta.