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Kiss of the Spider Woman © Credit Ana Carballosa. Courtesy of AE Ops, LLC and Mohari Media US, LLC.
All’inizio degli anni Ottanta, durante la guerra sucia argentina, Valentin Arregui Paz è detenuto in carcere per attività politiche sovversive. Divide la cella con Luis Molina, vetrinista gay che, per evadere dagli orrori quotidiani perpetrati dai carcerieri, si rifugia nella propria fantasia tramite la rievocazione del suo musical hollywoodiano preferito, Kiss of the Spider Woman. Questo racconta la storia della diva Ingrid Luna, alle prese con i pretendenti Armando e Kendall, oltre che intenta a fronteggiare la maledizione della “donna ragno”, essere magico capace di uccide con il suo bacio.
Il film è l’adattamento cinematografico dell’omonimo musical firmato da John Kander, Fred Ebb e Terrence McNally, a sua volta tratto dal romanzo di Manuel Puig. Il regista e sceneggiatore Bill Condon dà luogo ad una struttura a incastro composta dalla sovrapposizione di diversi ambiti e trame. Iniziamo da queste ultime: oltre la storia del musical, il film presenta anche un racconto storico-politico, cioè la rievocazione della guerra sporca che ha dilaniato l’Argentina tra la metà degli anni Settanta all’inizio degli Ottanta, e, infine, la trama sentimentale, relativa ai due prigionieri protagonisti che finiscono con l’innamorarsi.
Quest’ultima storia è il tratto che unisce i due ambiti che compongono e, insieme, dividono il film: da una parte la realtà penitenziaria e storica che prende la forma del genere carcerario, dall’altra il sogno e la fantasia trattati attraverso il linguaggio del musical. Le differenze fra i due campi riguardano numerosi fattori, come il periodo storico in cui si collocano, dato che il musical è ambientato negli anni Quaranta; la fotografia, che nella cella si contraddistingue per una scarsa illuminazione e tonalità grigiastre, mentre il sogno presenta un meraviglioso technicolor caratterizzato da colori pastello; i movimenti della macchina da presa, tendenti alla staticità in prigione, con soluzioni registiche che vedono prevalere il campo-controcampo, laddove il musical si caratterizza per ampi ed eleganti movimenti volti ad accompagnare il ballo dei personaggi con il proprio moto, uniti alla ripresa di figure linguistiche tipiche di questo genere nel periodo classico, come il dolly; gli ambienti, per cui alle celle anguste e sporche della prigione si contrappongono gli spazi ariosi e brillanti del sogno, localizzato in grandi saloni da ballo e in enormi piazze; infine, il formato del quadro, che tende a rimpicciolirsi leggermente durante le sequenze riservate al musical, passando dal consueto 1,85:1 della realtà carceraria al 4:3, desueto perché abbandonato dagli anni Cinquanta e, quindi, caratterizzato da uno spiccato sapore d’antan.
Tuttavia, la frattura fra questi due ambiti è in realtà solo apparente: non sono infatti separati da un confine netto e invalicabile, bensì da una sorta di pellicola porosa che permette al sogno di mischiarsi alla realtà in modo sempre maggiore man mano che la trama prosegue. Inizialmente la sovrapposizione avviene tramite il racconto, quando Molina mima i gesti e i movimenti di Ingrid Luna; in seguito, a causa della disperazione che attanaglia Luis quando il suo compagno di cella viene torturato, questi sogna di ballare con la diva del film; infine, prende lui stesso il posto di Ingrid e diventa la protagonista del musical. D’altra parte, i confini sono già sfumati sin dall’inizio del lungometraggio, dato che gli stessi attori interpretano vari ruoli tanto nel sogno quanto nella realtà: Jennifer Lopez è sia Ingrid Luna che Aurora, la fidanzata di Valentin, interpretato da Diego Luna che recita anche nella parte di Armando, mentre l’avversario in amore di quest’ultimo è lo stesso Tonatiuh Elizarraraz che impersona Louis Molina.
La compresenza di realtà bruta e virtuosismi stilistici del musical non può non ricordare Emilia Pérez, con il quale Kiss of the Spider Woman intrattiene profonde somiglianze anche per altri fattori, come l’estetica camp e kitsch, insieme alla tematica apertamente queer che caratterizza entrambi i film. Infatti, l’opera diretta da Bill Condon parla apertamente di omosessualità e identità gay, sia da parte di Molina che da Valentin, il quale espone la teoria freudiana dell’eccessivo attaccamento verso la madre, ma viene immediatamente stroncato da Louis, secondo il quale il suo compagno di cella vuole comportarsi da vero uomo perché ha a sua volta avuto un attaccamento eccessivo alla figura paterna. Più in profondità, il lungometraggio tematizza l’elaborazione della propria identità tramite l’immaginario filmico: non solo Molina spiega di aver sviluppato le proprie preferenze in fatto di uomini sulla base dei personaggi dei film che ha visto, ma questi ultimi lo hanno aiutato anche a stabilire il proprio modo di porsi e di muoversi, cioè di vivere il proprio corpo. Centrale, in questo senso, sono le prime sequenze in cui Luis racconta la storia della “donna ragno” e imita i movimenti dell’attrice impersonata da Jennifer Lopez, intrattenendo con i gesti di quest’ultima un rapporto mimetico e identitario.