Stranger Things lo ha fatto con gli anni ’80. Them con gli anni ’50. Dark con entrambe le epoche. Ora anche gli anni ’60 in tv non hanno scampo, grazie all’arrivo in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW di It: Welcome to Derry, la serie prequel pronta ad espandere un universo narrativo già ricco. Come si evince dal titolo, si parte dal romanzo cult di Stephen King – che ha già approvato il primo episodio – e dalla trasposizione cinematografica di Andy Muschietti nei due capitoli usciti nel 2017 e 2019.

Sembra quasi che ogni franchise cinematografico debba avere un’appendice seriale, soprattutto in casa Warner Bros/HBO dopo Dune: Prophecy e The Penguin. Qui però andiamo oltre: Andy Muschietti – che torna dietro la macchina da presa anche nella serie – dimostra di conoscere bene non solo il materiale di partenza ma anche la regia di quell’orrore specifico, costruendo un universo narrativo sempre più stratificato, che va oltre le citazioni e gli omaggi. “Il primo episodio fa davvero paura”, dice King, ed è proprio vero: ci si sente subito vicini ai giovani protagonisti, quando la scomparsa di un bambino sembra essere stata dimenticata da tutti sei mesi dopo. Eccezion fatta per quattro adolescenti, ora determinati a scoprire la verità. Una sorta di vademecum su come recuperare uno schema narrativo rodato, renderlo ancora più spaventoso e usare il cinema come canale di trasmissione di un orrore che altrimenti non riuscirebbe ad esprimersi al meglio.

It: Welcome to Derry
It: Welcome to Derry

It: Welcome to Derry

Muschietti riesce ad unire l’innocenza dell’infanzia al terrore più profondo incarnato dall’iconico clown Pennywise, nuovamente interpretato da Bill Skarsgård, sempre più dentro al personaggio, ghigno inquietante compreso. Fin dal titolo la serie vuole iscriversi tra le cittadine più inquietanti delle serie tv dopo essere diventata una vera leggenda nella storia della letteratura. Tanto che la promozione in stile anni ’60 dei vari poster prepara perfettamente lo spettatore al tono che si troverà davanti fin dalla prima sequenza della serie HBO, ambientata guarda caso in una sala cinematografica.

È tutto smaccatamente d’epoca – fin nel più piccolo dettaglio, subito catturato dalla macchina da presa – eppure allo stesso tempo è moderno e visivamente potente. Immediatamente riconoscibile, con un cast giovane che colpisce per l’immediatezza con cui buca lo schermo e arriva al cuore degli spettatori, rimanendovi fino alla fine. I protagonisti sono dei freaks a proprio modo e gli showrunner Jason Fuchs e Brad Caleb Kane non potevano certo scegliere i ragazzi più popolari della scuola per raccontare questa storia.

It: Welcome to Derry - Brooke Palmer
It: Welcome to Derry - Brooke Palmer

It: Welcome to Derry - Brooke Palmer

(Photo: Brooke Palmer)

Vengono ancora una volta esplorati i temi dell’amicizia, della perdita dell’innocenza, del libero arbitrio in opposizione al destino. La cittadina ha una storia – e una fine – già scritta per tutti i suoi cittadini? Non è casuale nemmeno il titolo – “Benvenuti a Derry” – quando il primo personaggio che ci viene mostrato sta provando a lasciarla per sempre. Una città maledetta come maledetti sembrano essere i suoi protagonisti, in una storia di amicizia e sensi di colpa che spesso vanno a braccetto e la rinsaldano ancora di più.

È incredibile la cura della ricostruzione storica, come da prassi per HBO quando si tratta di affidarsi il più possibile a location (ri)costruite dal vivo. Questo aggiunge una buona dose di realismo nel creare immediatamente l’atmosfera del periodo storico raccontato, tra palloncini rossi sospesi, luci lampeggianti, poster di bambini scomparsi. Sperando di non essere i prossimi.