Un successo come quello quello di Il Trono di Spade non poteva esaurirsi con le otto stagioni della serie madre. Si è quindi pensato a diverse idee per eventuali sequel e spin-off , alcuni persi per strada, altri rimandati. Il mondo creato da George R.R. Martin deve molto alle opere di Shakespeare e si concentra più sugli intrighi politici che sulle battaglie, ma stiamo pur sempre parlando di un fantasy . Non poteva dunque esserci scelta migliore che dedicare un approfondimento alla Casata Targaryen: sì, quelli che cavalcano i draghi.

House of the Dragon , ambientato circa 200 anni prima delle avventure di Daenerys e Jon Snow, è dedicata proprio a loro. La prima stagione, arrivata nel 2022, ci ha lasciato con un colpo di scena: la morte di re Viserys I, sovrano giusto, che ha saputo mantenere la pace durante tutto il suo regno. Considerato troppo cauto e debole da chi gli era più vicino, non possiamo che rimpiangerlo nei nuovi 8 episodi dal 17 giugno in esclusiva su Sky e in streaming su NOW. Il suo grande timore si è infatti avverato: nessuno dei numerosi parenti è adatto a comandare. Non il figlio Aegon II, viziato e immaturo, né il fratello Daemon (Matt Smith), troppo irascibile. La prima figlia, Rhaenyra (Emma D’Arcy), era la sua scelta, ma, a causa di un’incomprensione della moglie Alicent delle parole pronunciate dal re sul letto di morte, questo suo desiderio è stato ignorato.

Ritroviamo quindi i protagonisti della serie divisi in due schieramenti: i Neri, guidati appunto da Rhaenyra, e i Verdi, riuniti attorno a Aegon II. A stravolgere definitivamente il già precario equilibrio, come avevamo visto nello sconvolgente finale della prima stagione, è stato il gesto di Aemond (Ewan Mitchell), fratello di Aegon II e fratellastro di Rhaenyra: con il suo drago, Vhagar, il più grande conosciuto, ha ucciso Luceris, figlio della regina dei Neri. Nonostante i tentativi di Viserys di mantenere l’equilibrio, lo scontro è ormai inevitabile. Arriva la Danza dei Draghi. Ovvero: è guerra!

House of the Dragon
House of the Dragon

House of the Dragon

(Ollie Upton/Hbo)

House of the Dragon 2 riprende esattamente dove avevamo lasciato i Targaryen: con il dolore di una madre e l’ambizione poco nascosta di Aemond. Su carta i Neri sembrano avvantaggiati: hanno più draghi, compreso quello do Rhaenys, la “regina che non fu mai”, e quelli degli altri figli di Rhaenyra. Ma i Verdi però hanno più alleati politici, più risorse e soprattutto il popolo è meno bendisposto nei confronti di una regina, una donna, che non si è mai seduta sul Trono di Spade. L’esito di questo scontro fratricida è tutto quindi tranne che scontato. E nelle nuove puntate questo è chiaro fin da subito: nei rispettivi consigli, sia Rhaenyra che Alicent, entrambe donne, fanno molta fatica a farsi ascoltare da quelli che dovrebbero essere loro subalterni. Tutto sarà quindi deciso dalla fedeltà dei rispettivi associati.

Nel primo episodio della seconda stagione vediamo che tra quelli della prima ci sono gli Stark, signori del Nord, che vivono a Grande Inverno, mentre un posto alla tavola dei Verdi è occupato da Lord Jason Lannister, altra casata che conosciamo bene. Tutta la campagna pubblicitaria di House of the Dragon 2 si basa essa stessa sul conflitto: invita gli spettatori a schierarsi. Da che parte state? Neri o Verdi? Sembra una domanda facile, ma, anche qui, la risposta non è affatto banale. Già Il Trono di Spade ci aveva abituato a personaggi moralmente ambigui, complessi. Ma il prequel si spinge oltre: praticamente non c’è un personaggio positivo. Ogni protagonista si è macchiato di azioni malvagie, se non di crimini imperdonabili. Come empatizzare quindi per dei personaggi che potrebbero tutti candidarsi al ruolo di villain della storia?

È proprio qui però il bello della serie ispirata all’opera di Martin: Daemon, Aemond, Rhaenyra e gli altri sfidano continuamente lo spettatore, spingendolo a guardare costantemente nel proverbiale abisso. Gli stessi draghi, simbolo di potere, sono delle creature pure nella loro terribile bellezza, in mano a un branco di nobili viziati, noncuranti delle conseguenze delle proprie azioni. Definiti dallo stesso showrunner , Ryan Condal, come un simbolo della guerra nucleare, i draghi di House of the Dragon permettono di fare un parallelo con il mondo di oggi, purtroppo segnato da diversi conflitti. E, visto che abbiamo parlato di Danza dei Draghi, possiamo rassicurarvi: come sempre nel mondo di Martin si parla e si trama molto nell’ombra, ma questa volta tutti gli amanti dell’azione saranno soddisfatti. Finalmente c’è grande sfoggio di combattimenti tra queste creature magnifiche, che è un peccato vedere cadere per colpa dei loro proprietari. L’unico vero tifo che ci sembra possibile è infatti quello per loro. E in effetti questo spreco è, ancora una volta, metafora perfetta del potere: inevitabilmente consuma e distrugge chi lo desidera troppo.

House of the Dragon
House of the Dragon

House of the Dragon

(Ollie Upton/Hbo)

Attenzione poi alle alleanze: anche chi sembra più vicino è pronto a tradire. Grande sfoggio di costumi e scenografie, buoni effetti speciali, splendidi creature design e sound design (il lavoro di Paula Fairfiel, che ha creato una voce diversa e unica per ogni drago, usando versi di uccelli, urla di neonati e tanto altro, è notevolissimo), ottimo cast: la seconda stagione di House of the Dragon non delude, anzi.

A emergere più di tutti forse sono però il Daemon di Matt Smith e l’Aemond di Ewan Mitchell: i nomi dei loro personaggi sono l’uno l’anagramma dell’altro e, da schieramenti diversi, rappresentano una faccia simile dei Targaryen: quelli che, come Daenerys, vengono sopraffatti dalla rabbia e dal desiderio di vendetta. Non affezionatevi quindi a nessuno: tutti sono in pericolo, tutti possono cadere. E, come spesso accade, sono quelli che sanno evitare saggiamente la luce dei riflettori a diventare determinanti. Altro che soap opera con i draghi, come dice qualcuno: questa è grande televisione.