PHOTO
Matilda De Angelis, Valeria Golino, Elodie Di Patrizi in Fuori - @ Mario Spada
Non un biopic su Goliarda Sapienza, piuttosto il tentativo di catturarne le sfumature di un’essenza (una delle molteplici) concentrandosi su uno dei momenti più controversi della sua vita: nel 1980 la scrittrice finisce in carcere per aver venduto dei gioielli rubati nell'appartamento di un'amica. Quel breve periodo a Rebibbia si rivela per lei un’esperienza di rinascita, soprattutto grazie all'incontro con alcune detenute.
"Non fa male morire qualche volta, rigenera il senso dell’umorismo".
Irregolare, libero, in un certo senso difforme e allucinatorio - anche grazie allo straordinario lavoro sulle luci di Paolo Carnera - Fuori di Mario Martone (il soggetto è di Ippolita di Majo, che come d'abitudine firma anche la sceneggiatura insieme al regista-marito) è liberamente ispirato a L'università di Rebibbia e a Le certezze del dubbio di Goliarda Sapienza, scrittrice mai celebrata in vita, riscoperta solo dopo la sua morte quando, prima in Germania e poi in Francia, viene pubblicato L’arte della gioia, romanzo a cui ha dedicato dieci anni della propria vita e che recentemente è stato adattato in forma seriale da Valeria Golino.
È proprio la regista-attrice ad incarnare ora Goliarda, 55enne che una volta uscita dal carcere, in una calda estate romana, cerca di arrabattarsi come può per sfidare l'indigenza e allo stesso tempo, assecondando ritmi lontani da qualsiasi equilibrio, continua a frequentare Roberta (Matilda De Angelis), ragazza conosciuta dietro le sbarre, delinquente abituale e attivista politica: un rapporto che nessuno, fuori, può riuscire a comprendere davvero ma grazie al quale la donna ritrova la gioia di vivere e la spinta a scrivere.


Matilda De Angelis e Valeria Golino in Fuori - @ Mario Spada
Flirtando a volte con il baratro e sfiorando derive scult (la scena della doccia in nudo integrale, con le due protagoniste e l'altra amica, Barbara, interpretata da Elodie), il film di Martone – unico italiano in concorso a Cannes 78, dal 22 maggio in sala con 01 distribution – riesce però laddove opere più regolari e lineari falliscono: da Piazza Euclide a Piazza del Popolo, dai salotti borghesi e intellettuali alla periferia di Acqua Bullicante, Fuori porta sullo schermo il disorientamento urbano e architettonico (non manca la suggestione di alcune inquadrature da angolazioni inconsuete e sorprendenti, prossime al cinema indipendente degli anni ‘70) insieme al dissidio concettuale abitato dalla stessa Sapienza, alternando “l’ergastolo della metropoli” alla libertà d’animo di chi, intrappolata in una società che è essa stessa galera, entra ed esce dal carcere con la stessa regolarità di un metronomo.
Paradosso che in un certo senso sembra caratterizzare il processo di visione del film stesso: rimanendo in superficie, fuori, potrebbe apparire il semplice racconto di un’amicizia improbabile, con accenni saffici; è solo provando ad entrare realmente dentro che il fuoricampo, il non detto, il non visibile, l'impianto tutto – giocato sul sottilissimo crinale tra realtà e immaginazione, e il continuo disinteresse per un racconto “cronologico” è lì a dimostrarlo –, finiscono per depositarsi nelle coscienze, proprio come accadde un tempo con L’odore del sangue, altro film tra i meno “concilianti” e più “selvaggi” del regista partenopeo.
Ad emergere con strafottenza quasi selvatica è allora la prova di una struggente Matilda De Angelis: la sua Roberta quasi pasoliniana, eroinomane disperata eppur vitalissima, sorta di immaginifico e carnalissimo angelo custode di corrispondenze corsare che, solo nel finale, capiremo quale futuro assegneranno all’amica Goliarda.
In quel fantasmatico commiato, sulla banchina della stazione Termini, scorrono le possibili e intangibili traiettorie di un abbraccio che fisicamente si era risolto solo qualche minuto poc’anzi e che poco dopo sembra svanire nel nulla ma che in realtà, spiritualmente, sarà lungo per sempre: quello tra una scrittrice aliena alla conformità del mondo che abitava e il grido della vita nella sua forma più ferina e inclassificabile. Che di norma viene invece soffocato, e recluso.


Valeria Golino in Fuori - @ Mario Spada
E ritorna prepotente la voce di Robert Wyatt (il pioniere della scena di Canterbury segna in maniera indelebile questo film, con cinque brani – tra i quali il potentissimo Little Red Riding Hood Hit The Road (da Rock Bottom, epico album, irripetibile), dilaniato da quelle incredibili sovraincisioni della tromba di Mongezi Feza, durante la scena del furto dei gioielli – utilizzati oltre alle musiche originali di Valerio Vigliar) con Memories, nella versione che non a caso incise nel ’74, solo qualche tempo dopo il drammatico incidente che lo rese paraplegico, segnando al contempo l’inizio di una nuova fase non solo umana, ma artistica.
Proprio come accadde a Goliarda Sapienza, dopo l’esperienza carceraria.
“I’ve got to choose between tomorrow
And yesterday
I can’t stop to think about
My life, here today”.