Figura leggendaria della ricerca teatrale, sodale di Jerzy Grotowski, Adam Mickiewicz e Peter Brook, Ewa Benesz è una ragazza del secolo scorso che continua a incarnare la resistenza all’ordine costituito. Lo fa attraverso l’atto artistico dell’esserci qui e ora, in uno stare al mondo che ha il segno dell’erranza come sopravvivenza: l’idea di un teatro itinerante per sfuggire alla sorveglianza dei servizi segreti polacchi, la fuga dalla natia Polonia durante la legge marziale del 1981, la fiducia nel Parateatro – sviluppato assieme a Rena Mirecka – come esperienza comunitaria ed estensione cognitiva per interrogare il legame con gli altri e con il simulacro della rappresentazione.

Compiuti gli ottant’anni, Benesz sa che i suoi laboratori non possono continuare in eterno, fondati come sono sul concetto di trasmissione diretta, sul corpo a corpo, sull’unicità di una comunicazione che vive nel momento stesso in cui accade. Elaborando il lutto del doloroso ma ineluttabile distacco dagli allievi, decide di chiudere il cerchio e tornare in Polonia, a Lublino, confrontandosi con gli squarci del secolo breve, le ferite di una vita raminga, il concetto di appartenenza.

Presentato in anteprima al Biografilm nella sezione Concorso Italia, Ewe – The Last Session di Federico Savonitto e Andrea Mura – che hanno lavorato con Benesz per più di quindici anni – restituisce la lezione di un’artista radicale che può davvero definirsi una maestra, una pedagoga che ha fatto della performance il libro di testo da tramandare a chi si è formato con lei. L’ultima lezione evocata dal titolo non è una masterclass da dattilografare ma un’esperienza da vivere in comunità, abbandonando le comodità della società capitalistica in favore di un rinnovato dialogo con ciò che ci circonda. E dove ogni cosa è connessa ai movimenti tellurici di un mondo in fiamme, perché è al teatro – che è nel fare e nell’agire – che chiediamo l’accesso e la partecipazione al mistero.

Tra un’Italia quasi ancestrale (Palermo, l’Umbria, la Sardegna) e la Polonia della memoria da ricostruire, Ewe – The Last Session è un flusso appassionato tra passato e presente, con frammenti degli archivi e immagini contemporanee (il montaggio è di Jacopo Quadri e Nicolò Tettamanti), che celebra l’atto trasformativo della pratica teatrale, l’esperienza umana come autentica sorgente espressiva, la dimensione spirituale che trascende il tempo e lo spazio.