“Io sono Dracula e puoi succhiarmi il c***o”: l’incipit del nuovo film di Radu Jude contiene la ripetizione ossessiva di questa frase all’interno di brevissimi filmati generati dall’intelligenza artificiale, ognuno della durata di pochi secondi e raffigurante le fattezze di Dracula in forme e contesti differenti. Questo preambolo introduttivo riassume tutte le caratteristiche della nuova opera del regista rumeno: la molteplicità delle storie aventi ad oggetto il vampiro, la loro rielaborazione da parte del regista e il successivo montaggio in un unico film che si pone come contenitore, moderno Decameron boccaccesco, caratterizzato dall’estetica trash e da una volgarità particolarmente spinta.

Un regista si rivolge allo spettatore mentre chiede all’intelligenza artificiale di generare storie riguardanti Dracula: questa è la cornice narrativa che racchiude e genera le varie narrazioni, di diversa durata e contenuto, riguardanti Vlad l’Impalatore. Radu Jude crea una torrenziale matrioska di storie, attraverso cui attua una consapevole operazione di riappropriazione del mito del vampiro nutrendosi di ogni sua variante e declinazione, dal film primigenio di Murnau a quello di Coppola, dall’adattamento del primo romanzo di vampiri rumeno alla messa in scena di storie riguardanti le diverse interpretazioni di Dracula, come, ad esempio, quella marxista.

Dracula di Radu Jude, @SagaFilm, Nabis Filmgroup, PTD, Samsa, MicroFilm 2025
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Versione transilvana di Be Kind Rewind – Gli acchiappafilm, Jude si appropria di ogni possibile variante del mito riscrivendola tramite un gruppo di attori che ricorrono fra le storie cambiandosi i ruoli e attraverso un’estetica volutamente e sfacciatamente povera, fino ad anticipare le possibili declinazioni future, come il musical o la variante social di un Vlad influencer. Il regista rielabora e si riappropria della figura dell’Impalatore e se ne nutre finendo per digerirlo… letteralmente, cioè facendone materia escrementizia: prendendolo in giro, dissacrandolo senza rispettare nulla di ciò che è stato fatto in passato e usando la pornografia, esibita senza veli, il turpiloquio e un’estetica volutamente trash per raggiungere il proprio scopo.

Questa riappropriazione non avviene dunque in modo intellettuale, ma bensì carnale e basso: tramite l’uso degli appetiti più bassi e volgari dell’uomo, attraverso la carne viva degli attori che esibiscono i propri corpi e si divertono visibilmente in questo esperimento ludico, oltre che mediante un’estetica consapevolmente povera. Quest’ultima, spesso confinante con il grottesco e con il trash, è ottenuta tramite vari espedienti: l’uso di un’AI dozzinale per produrre effetti speciali minimali, la sovrabbondanza dei dialoghi impiegati per raccontare invece che per mostrare cosa accade, i costumi tanto scadenti da sembrare acquistati a buon prezzo nei negozi che vendono abiti per il carnevale, gli effetti di montaggio cheap come le dissolvenze incrociate kitsch realizzate con programmi di editing open-free e, più in generale, un’esibita mancanza di cura formale, come la presenza delle automobili che sfrecciano in lontananza nella scena collocata sul ponte durante l’adattamento del romanzo ambientato alla fine del XIX secolo.

Dracula di Radu Jude, @SagaFilm, Nabis Filmgroup, PTD, Samsa, MicroFilm 2025
Dracula di Radu Jude, @SagaFilm, Nabis Filmgroup, PTD, Samsa, MicroFilm 2025

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Dracula ricorda un enorme Blob (il programma televisivo) per via dell’accostamento dei frammenti di varia provenienza, l’appropriazione del materiale altrui, il gioco e lo spirito ludico tramite cui avviene il riadattamento volutamente povero e dissacrante, la somma e il montaggio di materiali differenti. Fra questi è possibile individuare quelli ricreati di sana pianta a partire da un concetto astratto, come, ad esempio, l’interpretazione marxista di Dracula, che vede il vampiro simboleggiare la classe capitalistica intenta a sfruttare i lavoratori succhiando loro metaforicamente il sangue; quelli completamente partoriti da Jude, come l’idea del cabaret a tema vampiresco in cui i clienti possono pagare per consumare rapporti sessuali con Dracula o divertirsi a inseguirlo con pali acuminati per trafiggergli il cuore; quelli rimessi in scena tramite una sorta di re-enactment parodico, ad esempio il romanzo rumeno ambientato alla fine dell’Ottocento; quelli che prendono vita grazie al riuso di materiale d’archivio che viene oltretutto manipolato, come accade al film di Murnau, le cui sequenze divengono filmati pubblicitari perché accostati a immagini di prodotti destinati alla vendita.

Jude realizza così un Decameron transilvano in cui spicca il piacere di narrare insieme al gioco di rivisitazione al ribasso delle fonti letterarie e cinematografiche, dove al posto dell’allegra brigata boccaccesca c’è una anche più allegra (e infinitamente più sboccata) fantasia autoriale mascherata da AI.