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Come ti muovi, sbagli
“Che me lo dai un bicchieretto?”. Ed eccoci di nuovo nel Gianni Di Gregorio Universe, ché poi non si trova in una galassia lontana ma letteralmente alla porta accanto, in una Roma a misura d’uomo dove la vita scorre placida e indolente, i supplì si digeriscono meglio con un po’ di vinello e un’insalatina per alleggerire, si guardano i vecchi western in televisione e si leggono libri per prepararsi a scriverne uno che forse non vedrà mai la luce.
E dove a un uomo ultrasettantenne, un po’ acciaccato ma sorridente nella sua eterna vocazione a subire le decisioni altrui senza colpo ferire, è sempre concessa la possibilità di un’avventura – perfino di un amore o di qualcosa che ci somiglia – dentro uno spazio narrativo nel quale non sia solo parassitario ai protagonisti più giovani.
C’è già tutto nel titolo, un modo di dire che è anche un modo di intendere il mondo: Come ti muovi, sbagli (chiusura delle Giornate degli Autori alla Mostra di Venezia 2025), e a dirlo – a se stesso e al genero – è proprio Di Gregorio, ancora una volta inevitabile protagonista di questo sesto capitolo di una commedia umana che sarà il caso di affrontare nella sua interezza. Perché, sì, i personaggi interpretati dal regista e attore cambiano, ma sono sempre variazioni del medesimo tipo umano: un quieto pensionato che ama stare in compagnia degli amici al bar (qui è una rosticceria), non fa un passo più del dovuto per non stancarsi troppo (praticamente sta sempre fermo), accoglie gli stimoli altrui pur senza eccessi (magari una compagnia romantica).


Come ti muovi, sbagli
(Francesco Gallo)Qui ancora Professore (senza nome, come in Lontano lontano, con quel mestiere ormai non più esercitato a definirne l’orizzonte culturale, l’atlante sentimentale, le piccole ambizioni di un quotidiano tranquillo) ma in una versione più “borghese” (si fa aiutare da un severo “maggiordomo” che è di fatto il padrone di casa), Di Gregorio s’incarica del ruolo di nonno, pressoché l’unico attribuito a un attore della sua età (ha settantasei anni), ma ha l’intelligenza e il coraggio di non ridurre il personaggio alla mera funzione parentale.
Quando la figlia tradita dal marito tedesco – professore anche lui… – gli piomba in casa insieme ai due figlioletti vivaci se non irrequieti, il nostro deve fare i conti con una convivenza forzata e tutto sommato indesiderata, una sostanziale incapacità di badare al prossimo, una faticosa triangolazione con le abitudini domestiche e la frequentazione con una simpatica signora che vive in campagna e spinge per qualcosa in più di un’amicizia.
È sempre bello tornare nel cinema umanissimo di Di Gregorio, pieno di grazia e leggerezza, spiritoso più che spirituale, dove l’incanto si modula nel disincanto, con i tempi distesi di chi cammina e non corre, l’umorismo dolce per alleviare l’amaro sapore dell’esistenza, un corpo comico sul quale gli altri possono far rimbalzare aspettative e insoddisfazioni.
Nella fotografia autunnale di Maurizio Calvesi e sulle note di Ratchev & Carratello, Come ti muovi, sbagli è meno sorprendente di Lontano lontano – uno dei racconti più “cupi” e al contempo allegri sulla vecchiaia – e Astolfo – quanti altri film così vitali e disperatamente gioiosi? – e sembra addomesticare la naturale libertà dell’autore quando deve seguire le sorti matrimoniali di Greta Scarano e Tom Wlaschiha.


Come ti muovi, sbagli
(Francesco Gallo)E però quanti come Di Gregorio (anche sceneggiatore insieme al fedele Marco Pettenello) si occupano davvero di quel che accade nel crepuscolo della vita, quando si fuma di nascosto e si beve per piacere (quanti film italiani hanno la stessa, serena disinvoltura con bacco e tabacco?), si riscoprono legami infiacchiti e si gioca a un maldestro nascondino?
C’è una schietta, paziente, mite voglia di vivere in questo film che si scopre tardivo romanzo di formazione di un padre pigro che si rimette accanto alla figlia, un nonno assente che si scopre compagno e complice, un suocero comprensivo che prova a mettere le cose a posto, un cliente fedele che vuole solo la tranquillità del suo piccolo mondo, un eroe romantico alle prese con un colpo di coda dell’amore (bel duetto con Iaia Forte). Come ogni film di Di Gregorio, somiglia a una carezza, una coccola, un sorriso prima di andare a dormire.