Marijuana. Cocaina. Alcool. Pile di piatti da lavare. Il cane Ayden da accudire. Un amico con cui sballarsi la sera. I giorni del giovane Leo scorrono tutti uguali verso l’abisso. E iniziano tutti lunedì alle 6:06. Così, per uscire dall’incubo si fa investire da una macchina, finisce in coma, si risveglia e viene trascinato dall’enigmatica Jo-Jo in un viaggio in camper da Civitavecchia all’Oceano Atlantico.

Vent’anni dopo il piccolo cult indipendente Fuori vena – applaudito da Claudio Caligari e devoto al suo Amore tossico - Tekla Taidelli porta alle Notti Veneziane delle Giornate degli Autori un piccolo coming age cocato, palpitante, furioso, disperato e irredento. Basso budget ed alte ambizioni per un cinema indipendente e stradale che osa, sgomenta e convince, nonostante qualche falla strutturale.

Una storia di più segmenti narrativi cementati dall’empito umanista, dalla smania di redimere gli emarginati, di rimettere in moto vite atomizzate: così il più classico drug movie di periferia in salsa thrilling cede il passo prima al frangente medical drama, e poi al road movie d’ amore ed espiazione. La bussola è La strada felliniana, ovviamente, ma la regista s’incammina verso i sentieri recentemente battuti dal nostro cinema che portano dalle parti dei primi D’innocenzo, alla Patagonia di Bozzelli, all’inquietudine giovanile di Marzullo.

Al centro della cinepresa finiscono questi due nipoti di Accattone senza rotte, certezze, padri, attanagliati dalla necessità di espiare una condizione esistenziale subita, chiamati a reagire al cupio dissolvi, alla predestinazione alla distruzione: l’uno orfano, l’altra con una famiglia dispersa e dilaniata. Leo smemorato, derelitto, paralizzato nel tempo, intrappolato nello spazio, devastato dalle dipendenze, Jo-Jo vitale, determinata, ma traumatizzata e fragilissima.

Il passo a due di Davide Valle e Giorgia Li, contornati da semi-professionisti, funziona, così come l’esuberanza registica: al bianconero iperrealistico di Civitavecchia (scintilla L’odio nelle focali del fotografo Lusena De Sarmiento), segue la cinematografia sgargiante e acidula della road e love story. Il tutto intessuto da un montaggio sincopato e vorticoso, tra accelerazioni e sospensioni, tra split screen e frangenti da videoclip.

Certo qualche pennellata (Taidelli scrive anche e co-produce il film) rimane fuori dal quadro, e nella foga espressiva salta in aria qualche gancio di verisimiglianza (può un ragazzo che soffre di tossicodipendenza, appena uscito dal coma, affrontare un viaggio intercontinentale? E sia pure, ma dove trova soldi, cibo, vestiti per viaggiare?).

Eppure, oltre le crepe strutturali, il crudo, rabbioso realismo di Taidelli esalta il talento grezzo della semi-debuttante George Li. L’attrice italo-francese classe 2001 infonde al suo personaggio disinvoltura, padronanza di sé, disarmata fragilità, enigmatica sensualità. Incanto e disperazione. (Con i copioni e i provini giusti) avrà futuro.

6:06 avrà sale?