Chi ha bisogno dei critici se il cinema può essere “dato in pasto” ai blog di persone comuni che appartengono al pubblico e venire così raccontato in maniera più immediata e, forse, meno paludata? Perché mostrare i film solo a chi ha fatto della visione di cinema e del suo racconto una professione, quando ragazzi e ragazze possono più facilmente identificarsi in coetanei, che vedendo il film in anteprima possono così provare a stabilire un ‘trend' di apprezzamento?
Questa la grande sfida del marketing e della promozione cinematografica in Italia e non solo, oggi con gli uffici comunicazione che, spesso, accolgono semplici appassionati tra le fila dei partecipanti alle proiezioni riservate alla stampa e, addirittura, alle conferenze stampa. Peccato, però, che al di là dell'ancora difficile misura dei flussi generati dalle opinioni dei ragazzi, questa scelta talora porti un po' a mescolare le carte con agenzie specializzate volte all'arruolamento di blogger o presunti tali che generano contenuti mirati rispetto il gradimento di questo oppure quell'altro film.
Nello scorso natale cinematografico, ad esempio, si sono manifestati diversi commenti “estasiati” sulle pagine social dei singoli film e – addirittura – sui profili dei singoli registi e attori. Post non a caso in corrispondenza di alcuni momenti chiave rispetto alla vita di un titolo al box office. Una strategia di marketing che, spesso, ha pagato in termini di visibilità, soprattutto perché il pubblico del Natale è il più vasto possibile ed è quindi giusto raggiungerne tutte le fasce, attraverso una campagna che parte dai programmi televisivi della domenica e approda naturalmente sui social network.
Al di là dei profili creati ad hoc o dei commenti orientati nell'ambito di più ampie strategie promozionali non troppo differenti da quanto vediamo accadere quotidianamente con la politica o i consumi generali, quello che più colpisce è come i social network e Internet in particolare siano diventati il “regno del cinema” a fronte dello scarso interesse della maggior parte dei quotidiani, dove le recensioni, quelle dei critici professionisti, sono spesso relegate negli angoli più remoti delle pagine.
Il paradosso vero, però, è un altro: la migrazione sempre più significativa degli investimenti pubblicitari sull'online, sta quasi a volere dire che è meglio operare su un territorio dove provare ad avere il controllo delle cose, piuttosto che affidarsi al tradizionale rapporto con la stampa. Una scelta di cui bisognerà valutare i frutti, anche se certamente, oggi, sono i finiti i tempi di Quarto Potere. Anziché comprarsi un giornale è meglio costruirsi una campagna digitale.