“Papa Francesco è senza paura. Affronta ogni argomento con grande spiritualità, passa dalla politica all’ecologia. Sa che Dio è in tutte le cose”. Parola di Wim Wenders, un maestro, un innovatore del cinema attraverso le epoche. È lui ad aver diretto Papa Francesco – Un uomo di parola, il documentario presentato al Festival di Cannes. Sarà distribuito da Universal in 350 copie, per un’uscita evento nelle sale italiane: dal 4 al 7 ottobre.

“Nel dicembre del 2013 ho ricevuto una lettera: mi chiedevano se fossi interessato a realizzare un film sul Papa. All’epoca incontrai Monsignor Dario Viganò, un uomo colto, uno studioso della settima arte, che mi offrì questo lavoro. Come realizzarlo? Come girare? Volevo che fosse una produzione indipendente, non legata al Vaticano. Altrimenti non saremmo stati convincenti”. La richiesta fu accolta, ma la lavorazione non è stata facile.

 

“Nessuno mi ha spiegato che cosa si aspettassero da me. Non c’era un obiettivo, mi hanno lasciato solo, con una responsabilità enorme: raccontare al mondo chi è Francesco. Lui ha una grandissima capacità di connessione con la gente, si rivolge a tutte le persone di buona volontà e non solo. Il cinema era il mezzo migliore per trasmettere al pubblico il suo pensiero, il suo carattere. La televisione sarebbe stata riduttiva. Il Vaticano non ha mai interferito, non mi ha mai chiesto di aggiungere o togliere qualcosa. In pochi sapevano che cosa stavamo realizzando. Il nostro riferimento non erano solo i cattolici, ma il mondo intero. Volevo permettere allo spettatore di guardare il Papa negli occhi, come ho fatto io. Lui ha avuto il coraggio di chiamarsi Francesco nel ventunesimo secolo”.

Wenders ha incontrato per la prima volta il Papa pochi minuti prima di iniziare le riprese. “Ero molto nervoso, poi lui mi ha appoggiato una mano sulla spalla e mi ha detto: ho sentito molto parlare di te, ma non ho mai visto i tuoi film. Ho tirato un sospiro di sollievo, perché almeno partivamo entrambi da zero. Con lui ho fatto tre interviste di otto ore, ma poi mi sono accorto che mancava il finale, così ne ho chiesta una quarta. Francesco ha improvvisato, ha salutato anche il pubblico. È stato magnifico”.

 

Il regista tedesco ha avuto una formazione cattolica: “A sedici anni volevo farmi prete, poi sono arrivati i film e la musica rock. Ho abbandonato la Chiesa con la rivoluzione studentesca. Negli anni Ottanta ho abbracciato la dottrina protestante, adesso mi considero un cristiano ecumenico, e ho molti amici di credo differenti. Questo Papa mi ha colpito fin dal primo momento. Chiamarsi Francesco oggi significa avere un nuovo rapporto con la natura, i poveri e le altre religioni. Non avrei mai immaginato di conoscerlo un giorno”.

E sulla questione dei preti pedofili: “Francesco richiede tolleranza zero verso questo tipo di aggressioni. Lui ha ereditato il problema dal passato, ed è il primo papa ad affrontarlo. Penso che le critiche verso di lui arrivino dai conservatori, che non condividono la sua spinta verso il rinnovamento della Chiesa. Francesco è l’uomo che ci serve in questi tempi bui, è il capitano che con il suo ottimismo riesce a non far affondare la nave”.