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Un prodigio della meccanica datato 1930, in grado di toccare i 320 chilometri orari. E' la moto con cui Burt Munro, il personaggio interpretato da Anthony Hopkins nel film Indian - La grande sfida in uscita oggi, ha stabilito nel 1967 il record mondiale di velocità nelle saline di Bonneville, nello Utah. Dietro al primato, tutt'oggi imbattuto nella categoria motocicli bicilindrici inferiori ai 1000 centimetri cubici, anni e anni di lavoro con cui Munro adattò il suo mezzo, fino a raggiungere il memorabile risultato. Come rivela il titolo del film, si trattava di una Indian Scout 600, prodotta dalla casa americana, storica rivale della Harley Davidson fino alla metà degli anni '30.
Sulla moto, lo stesso modello di cui si vedono alcuni esemplari nello storico filmato della trasvolata di Italo Balbo a New York, Munro apportò sostanziali modifiche sia al motore che all'aerodinamica. Per consentirle di tollerare una velocità quasi tre volte superiore a quella prevista, irrigidì ulteriormente la forcella, allungando inoltre il telaio per guadagnare una maggiore stabilità. Al cambio, originariamente a tre marce, aggiunse poi dei rapporti, mentre il principale intervento al motore investì lo spostamento delle valvole in testa. Fu proprio questa modifica, poi recepita dai modelli di serie della Harley Davidson, a contribuire al definitivo declino della Indian, che chiuse i battenti all'inizio degli anni '50. Ulteriore modifica apportata da Munro alla sua moto da record, fu poi una rudimentale sperimentazione dei pneumatici "slick" ancora oggi utilizzati in pista. Segando manualmente il battistrada del copertone, l'uomo ne ridusse cioè lo spessore, garantendogli maggiore aderenza e margine di espansione in caso di surriscaldamento.
Le Indian godono oggi in Italia del supporto di un nutrito motoclub di Lucca. Nonostante i numerosi esemplari ancora presenti sul territorio, è stato stimato che del 1930, l'anno di fabbricazione della moto di Munro, ne sopravvivano soltanto due. Splendida, quella di proprietà dei collezionisti Angelo e Antonio Collacchi. Perfettamente marciante e già restaurata due volte, porta ancora stampigliata l'effigie del Fascio Littorio e il marchio del concessionario torinese, dove fu acquistata durante il regime. Prossimo intervento a cui verrà sottoposta sarà il ripristino del sidecar, di cui era originariamente dotata. Ad impreziosirla ulteriormente è poi proprio l'anno di fabbricazione: pochissimi, infatti, gli esemplari che in seguito al crollo della borsa di Wall Street del '29, la Indian riuscì a produrre nel corso dell'anno seguente.