“Io licenziato? Come no, prima di diventare attore ho venduto polizze porta a porta, scarpe da donna, tagliato tabacco, e sono stato licenziato molte volte. Per fortuna, non avevo una famiglia da sostenere”.
Così George Clooney, tagliatore di teste in concorso a Roma con Up in the air di Jason Reitman, regista già premiato al Festival per Juno due anni fa, che ribatte ironico: “Io invece non ho mai perso il lavoro, di solito sono io a licenziare”.
Nel cast anche Vera Farmiga, businesswoman di cui si innamora, e la collega Anna Kendrick, Clooney interpreta un tagliatore di teste aziendale che spende i suoi anni per lo più in volo, con un piccolo trolley per spostarsi da una città all'altra degli States e mandare a casa degli ignoti lavoratori: mentre sta per raggiungere l'agognato obiettivo dei 10 milioni di miglia da frequent flyer, si troverà a cambiare vita…
Ovvio, la solitudine è il prezzo da pagare: “Alla fine del film l'epifania della perdita anziché un happy ending vuole sottolineare per contrasto l'importanza delle relazioni umane, dei rapporti affettivi”, dice il regista, mentre Clooney ironizza - “Se ho momenti cattivi? Solo qui…” e precisa: “Zero solitudine nella mia vita privata: ho famiglia e amici stupendi, sono sempre circondato”.
Incalzato da un giornalista a prendere posizione su Berlusconi, Clooney svicola, prima: “Ho una casa a Como, e dovrei capirne di più” e dopo: “Per essere primi ministri anche qui è come negli Usa, devi essere italiano: preferisco rimanere fuori dalla politica, ho imparato la lezione”, spiegando poi perché non conceda più interviste televisive: “Non aiutano il film, si risponde sempre alle solite domande stupide. Sono figlio di un giornalista, e so che siete costretti a farle, ma non mi interessa il gossip, e ci deve essere un confine tra ciò che è legittimo chiedere e ciò che non lo è. Ci dovrebbe essere la tortura per i giornalisti di gossip…”.
Se sia Reitman che Clooney si dicono felici di essere al festival di Roma, il regista sottolinea in Up in the air “il ritratto del momento in cui ci troviamo, dove è facile sentirsi interconnessi senza sapere in realtà dove si è”, mentre George rivela un affinità col suo personaggio: “ Quando sei stato disoccupato, poi vuoi solo lavorare e lavorare ancora” e i suoi nuovi progetti dietro la macchina da presa: “Un court-drama su Guantanamo o una commedia: per entrambi, aspetto il copione. Un buon copione è il segreto per un buon film”.
Dopo tanta ironia sulle sue capacità di ballerino, molto modeste, mostrate nel film: “Ho scelto io di farlo ballare male, in realtà sono uno dei ballerini più grandi di tutti i tempi”, Clooney parla del Nobel per la pace ad Obama: “Ho sostenuto Barack fin dall'inizio, e sono fiero di vivere in un Paese che l'abbia scoperto ed eletto: da Roosevelt a Kennedy, quando abbiamo avuto bisogno di una grande guida, l'abbiamo sempre trovata. Spero il Nobel lo aiuti a portare avanti il suo programma di politica estera nella direzione della pace”. E poi del film, The American di Anton Corbijn, che sta girando in Abruzzo, nei luoghi del terremoto, al fianco di Violante Placido: “Violante è straordinaria. Le tende blu dei terremotati le ho viste durante il G8 a luglio, ora stiamo da 3 settimane sul set  a Sulmona, che è stata poco colpita. Credo sia stato fatto uno sforzo enorme per far uscire i terremotati dalle tendopoli. All'inizio tutti vogliono fare la cosa giusta, ma dopo mesi il rischio è come per New Orleans dopo l'uragano Katrina: basta titoli in prima pagina, basta riflettori, poco a poco non se ne parla più. Per questo abbiamo voluto girare in Abruzzo, per mantenere alta l'attenzione”.