“Questa scuola è stata un capitolo fondamentale per me, sia per quello che riguarda la mia carriera sia per quello che riguarda la mia vita. Le persone che ho incontrato lì e le esperienze che ho vissuto mi hanno segnato profondamente”.

Valeria Bruni Tedeschi torna da regista in concorso a Cannes per la seconda volta con Forever Young – Les amandiers (nelle sale italiane dall’1 dicembre con Lucky Red), settimo lungometraggio diretto dall'attrice italiana naturalizzata francese, una produzione Ad Vitam Production e Agat Films e Cie, in coproduzione con Bibi film tv, Lucky Red con Rai Cinema.

“Sono molto felice che tutti gli attori possano vedere il film per la prima volta qui, ero venuta a Cannes giovanissima con Chéreau nell’87 con Hôtel de France, tratto da Platonov, quando ancora ero allieva della scuola, ed eravamo tutti giovani”.

Metà anni '80. Stella, Etienne e Adèle hanno vent’anni. Superato l’esame di ammissione per la prestigiosa scuola di Teatro fondata da Patrice Chéreau e Pierre Romans, i ragazzi vivono a pieno la loro giovinezza. Insieme, affrontano i primi grandi cambiamenti, amore e passione ma anche le prime tragedie.

Les amandiers - Credit 2022 - Ad Vitam Production – Agat Films et Cie – Bibi Film TV – Arte France Cinéma 2

"L'idea di farne un film me l'ha data il mio amico Thierry de Peretti (attore anche lui, ndr) e credo che dare delle idee a qualcuno sia sempre un bellissimo regalo. Mentre scrivevo il film, Noémie Lvovsky (coautrice dello script insieme anche ad Agnès De Sacy, ndr), ci ha suggerito di intervistare alcuni ex studenti: la cosa strana mentre ascoltavo le loro storie è stata quella di rendersi conto che il tempo non fosse passato", racconta la regista in merito alla genesi del progetto.

Che è sì di matrice autobiografica, "basato sui ricordi, i miei, quelli di Noémie, di Agnès e di tutti gli altri ex studenti interpellati, ma è stato tutto rielaborato in maniera molto libera, inventando, mescolando. Anche perché credo che l'immaginazione debba sempre avere la possibilità di divertirsi, senza autocensure o troppi tabù".

Les amandiers - Credit 2022 - Ad Vitam Production – Agat Films et Cie – Bibi Film TV – Arte France Cinéma

Interpretato da Nadia Tereszkiewic (Stella), Sofiane Bennacer (Etienne), Clara Bretheau (Adèle), Micha Lescot (Pierre Romans), il film vede Louis Garrel nei panni di Patrice Chéreau, regista che fece esordire sul grande schermo Valeria Bruni Tedeschi nel 1987 con Hôtel de France.

"Sono affascinato dal suo personaggio, alla mia scuola di teatro lo consideravamo un dio vivente - racconta Garrel -. L’ho incontrato grazie a Valeria ad una cena, e poi molte altre volte. Era sempre concentrato, dava l’impressione di lavorare sempre, a un’opera, a un film. Quando Valeria mi ha chiesto di fare il provino le ho detto che potevo darle un’impressione di Chéreau, ma non avrei mai potuto imitarlo. Era un personaggio barocco che dava l’impressione di essere mosso da una febbre, di vivere, di lavorare. Ho rivisto tutte le sue interviste, e interpretare un personaggio che ammiri è molto bello”.

"Febbre" che sembra caratterizzare per intero la cifra emotiva del film: "Tutti gli allievi della scuola avevano questa febbre che li spingeva, e quando abbiamo fatto il casting abbiamo cercato di creare un gruppo come allora avevano creato questo gruppo di allievi, non necessariamente per la loro bravura, ma perché mossi da un ardore e in grado di formare una chimica uno con gli altri”, dice ancora Valeria Bruni Tedeschi, che per la prima volta in un film da lei diretto non si mette davanti la macchina da presa: "All'inizio avevo pensato di interpretare Stella, ma quando l'ho detto a Louis mi ha smontato l'idea dicendo 'pensavo dovessimo fare una commedia, non Harold e Maude'. A quel punto allora ho desistito però nel film ci sono i miei vestiti di allora...".

Les Amandiers
Les Amandiers
Les Amandiers

Presente a Cannes in triplice veste (interpreta anche Le vele scarlatte di Pietro Marcello e porta come regista, fuori concorso, L'innocent), Garrel sostiene che fare l'attore per il cinema sia "un hobby, dato che chiunque può recitare in un film, mentre a teatro è un mestiere vero e proprio", poi si dice molto contento di lavorare con gli italiani perché "in Italia avete una visione del cinema che unisce la derisione alla passione", infine reputa sia stato più difficile interpretare Chéreau piuttosto che Godard (nel film di Hazanavicius del 2017, Le redoutable), perché "Valeria lo conosceva e ne era innamorata. Il rischio di deluderla era troppo alto".

Sempre a proposito di Chéreau (morto nel 2013), poi, Valeria Bruni Tedeschi racconta: "Aveva un’esigenza nei confronti degli attori, ma non è mai stato violento, magari era brusco, ci chiedeva di raccontare la violenza perché era quella che vedeva nella vita. E poi credo che il mio gusto per il tragicomico arrivi da lui. Amava ridere, era tutt’altro che una persona seriosa”.

Valeria Bruni Tedeschi - Foto Karen Di Paola
Valeria Bruni Tedeschi - Foto Karen Di Paola
Valeria Bruni Tedeschi - Foto Karen Di Paola

Valeria Bruni Tedeschi - Foto Karen Di Paola

"Già all’epoca questa era una scuola diversa, era qualcos’altro, una specie di laboratorio, non era un’accademia vera e propria", ricorda ancora la regista, che riflette anche sull'aspetto nostalgico del film e dell'essere attore: "Non è tanto l'invecchiare il problema, ma questa sensazione del tempo che fugge, ed è una cosa che mi porto dietro da bambina. Ad esempio quando arrivava la fine dell’estate, tornata in città, io continuavo ad indossare il costume da bagno per provare a fermare il tempo”.

Magari si sceglie di fare l'attore proprio per tentare di fermare il tempo, allora? "Forse sì, anche se poi è un mestiere non equilibrato, molto doloroso, destabilizzante nella vita privata: bisogna trovare la propria indipendenza e credo che il teatro rispetto al cinema dia più equilibrio”.

Anche per questo, allora, "recitare e scrivere diventano forme di meditazione: nella vita di tutti i giorni mi sembra di non essere centrata sulle cose, quando lavoro invece riesco ad essere focalizzata. Quando guardo mio figlio che inizia a costruire qualcosa con i Lego mi fermo ad osservarlo e penso che in fondo il mio lavoro è molto simile a questo, costruire qualcosa con le mie mani, la mia immaginazione, i miei ricordi e le mie emozioni”.