In Caccia a Ottobre Rosso, indimenticabile film tratto dai romanzi di Tom Clancy diretto da John McTiernan, il capitano Marko Ramius interpretato da Sean Connery è inseguito da un suo ex allievo, ossessionato dalla possibilità e dal piacere di affondare il suo ex mentore. Portato sullo schermo da Stellan Skarsgård, il capitano Tupolev disarma le sicure dei siluri pur di uccidere in un combattimento ravvicinato il suo oramai mortale nemico. Pur sconsigliato dai suoi ufficiali, l’uomo attiva questa procedura che gli si ritorcerà contro e che vedrà gli eventi culminare nella celebre e qui non ripetibile frase “Ci hai ammazzato, #@߃øß!!!”.

Chissà se nelle loro ville negli Hamptons o sulle colline delle zone più esclusive che dominano i canyon californiani intorno Los Angeles, qualcuno dei tycoon hollywoodiani di oggi sta ripensando a questa colorita rimostranza. Perché quello che sta succedendo nell’industria audiovisiva ricorda un po’ la scena del film in cui, dopo aver tolto ogni forma di protezione, potrebbe ammazzare o quantomeno ridimensionare il business del cinema come lo abbiamo conosciuto negli ultimi centotrenta anni.

Come è potuto succedere che la stessa Hollywood venisse messa a rischio dopo il grande pericolo degli anni Sessanta quando l’avvento della televisione mise l’ultimo chiodo sulla bara dello Star System degli anni Trenta, con attori non più stipendiati, bensì diventati freelance e battitori liberi? Come è possibile che l’industria cinematografica più grande del mondo abbia visto nascere qualcosa che oggi è difficilmente arrestabile: una forma di fruizione che oltre a fare concorrenza è diventata il punto di riferimento per decine di milioni di ragazzi in tutto il pianeta?

Oggi il più grande raccoglitore pubblicitario del mondo è infatti YouTube, l’unico social media approdato con successo nei nostri salotti e sui nostri televisori: un dato di fatto che sta cambiando le regole del gioco, visto che nell’ultimo anno ha superato anche Netflix come più grande player dell’advertisement globale. Ecco quindi che gli Studios così come li abbiamo conosciuti, dopo avere flirtato malamente con influencer e social, uccidendo il media mix tradizionale di pubblicità e comunicazione, oggi, stanno vedendo ridurre il loro business con la Disney che qualche settimana fa ha annunciato diversi licenziamenti e di volere chiudere lo streamer Hulu, accorpato anche negli USA all’abbonamento di Disney+.

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Come ha notato, quindi, recentemente l’analista Adi T: “All’ombra dei teatri di posa della Disney e degli Studios storici della Warner Bros. a Burbank sta sorgendo un nuovo sistema di Studios, alimentato non dalle reti tradizionali o dalle sale cinematografiche, ma dagli YouTuber. Creatori come Dhar Mann, Alan Chikin Chow, Dude Perfect e MrBeast non si limitano più a realizzare video virali, ma stanno costruendo imperi di produzione integrati verticalmente, completi di campus di oltre 100.000 metri quadrati, troupe a tempo pieno, attrezzature di livello cinematografico e persino flotte di auto della polizia e set di tribunali propri. E lo fanno a una frazione dei costi di produzione tradizionali, spesso 1/100, secondo le loro stesse stime. Non si tratta di contenuti di influencer. È una produzione mediatica industrializzata con una mentalità digitale, agile, orientata ai dati e incredibilmente conveniente”.

E mentre Hollywood continua a tagliare posti di lavori, a ridurre le produzioni, a stringere la cinghia e a ridimensionarsi, questi creatori assumono ex dirigenti di MTV, direttori di casting di Nickelodeon, dirigenti digitali dell’NBA e produttori di Discovery. I “ragazzi di YouTube” sono ora veri e propri datori di lavoro e, sempre più spesso, veri e propri concorrenti su scala globale. È dunque evidente che il potere produttivo si sta decentralizzando: gli Studios non sorgono solo a Los Angeles, ma anche in luoghi come Greenville, North Carolina (MrBeast), Frisco, TeasX (Dude Perfect) e Birmingham, Alabama.

Hollywood sta diventando una rete e ammesso che lo sia mai stato davvero non è un luogo con Londra e Vancouver che ospitano la maggior parte delle produzioni che una volta sarebbero state realizzate nei backlot a Culver City o nella stessa Burbank. L’inserzionismo pubblicitario segue le cosiddette “palle degli occhi”: marchi come Uber e Shopify stanno spostando i budget verso i contenuti dei creatori perché sono virali, e culturalmente rilevanti, soprattutto per il pubblico sotto i 35 anni. I media tradizionali stanno perdendo professionisti esperti a causa della creator economy.

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Perché? “Innovazione più rapida, maggiore controllo creativo e (sempre più) migliori condizioni economiche e gli stessi modelli di business si stanno evolvendo”. Adi T. conclude: “Ciò che è iniziato dei canali si è evoluto in veri e propri ecosistemi di intrattenimento”. Ci sono dei limiti, è vero, che sono propri della natura del business e dei Social Media: le regole sindacali, la dipendenza dalle piattaforme e la longevità della proprietà intellettuale sono sfide molto concrete. Ma la direzione di marcia è chiara: i creatori non sono solo il futuro dei media, ma ne stanno costruendo l'infrastruttura.

Quindi? Caro Capitano Tupolev, non bisogna farsi troppe illusioni: questo sarà, non oggi, ma tra una decina di anni il nuovo sistema degli Studios, perché semplicemente sarà meno costoso e più efficiente da gestire. Lucas Shaw, analista di Bloomberg e ospite regolare del celebre podcast di Matthew Belloni, The Town, scrive nella sua newsletter Screentime: “Il crollo degli abbonamenti tradizionali via cavo, il declino del settore cinematografico e la crescita più lenta dello streaming hanno portato a una lunga recessione a Hollywood.

La pandemia e due scioperi con relative interruzioni del lavoro non hanno aiutato. I giganti dei media hanno tagliato i costi e stanno ancora lottando per crescere. Questo ha danneggiato le agenzie di talenti, i creativi e le società di produzione, costringendo le aziende del settore cinematografico e televisivo a cercare opportunità altrove”. Ed è qui che arriva YouTube, acquisito anni fa non da Hollywood, ma dalla Silicon Valley: YouTube, divisione video di Google ha generato circa 36 miliardi di dollari di vendite pubblicitarie l'anno scorso e ora rappresenta il maggior numero di spettatori televisivi rispetto a qualsiasi altra rete o servizio di streaming.

Nel 2024 YouTube ha venduto quasi la stessa quantità di pubblicità di Disney, Paramount, Fox e NBCUniversal messe insieme. È evidente che nel 2025 il trend non sia cambiato con gli inserzionisti che continuano i budget su Instagram, YouTube e TikTok. Lucas Shaw continua: “Non è la prima volta che Hollywood rivolge la sua attenzione a YouTube. Un decennio fa, giganti dei media come Time Warner, Disney e Comcast hanno investito in reti multicanale, che hanno contribuito a gestire centinaia di canali diversi. Le reti televisive hanno ordinato talk show alle star di YouTube Grace Helbig e Lilly Singh.

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Questi accordi non sono andati bene. Disney ha pagato centinaia di milioni di dollari per Maker Studios nel 2014, ma ha faticato a integrare l'attività. Warner Bros. ha acquisito una rete incentrata sui giochi chiamata Machinima e non ha mai capito cosa farne. I talk show sono falliti, così come molti progetti con talenti digitali. Da allora YouTube non ha fatto altro che crescere e sembra che le aziende dei media tradizionali abbiano imparato qualche lezione dagli errori del passato.

Piuttosto che costringere le star di YouTube a partecipare a format tradizionali, i servizi di streaming stanno concedendo in licenza programmi che già funzionano, come gli show per bambini CoComelon e Ms. Rachel. Oppure chiedono a questi creatori di creare delle versioni più adulte e più evolute di ciò che già fanno. Alcune di queste aziende guidate dai creatori hanno un valore superiore a 1 miliardo di dollari”.

Basteranno quindi le competenze degli Studios tradizionali ad attrarre nuovi talenti da portare al cinema o in televisione? Probabilmente no, ma certamente come dice uno dei protagonisti di Caccia a Ottobre Rosso: “Io sono un uomo politico, questo vuol dire bugiardo e truffatore, e quando mi chino a baciare i bambini rubo loro le caramelle. Ma vuol dire anche che mi lascio tutte le porte aperte…”. E forse a Hollywood qualche porta è ancora aperta per riuscire a cambiare la situazione a proprio favore.