“Ricerche recenti ci dicono che i nostri ragazzi leggono la realtà e si esprimono attraverso le immagini”. Così Mons. Davide Milani, Presidente Fondazione Ente dello Spettacolo, all’incontro che si è tenuto oggi a Venezia 80 dal titolo ‘Si legge e si scrive con le immagini’. Una riflessione legata ai giovani che parte dal presupposto che oggigiorno tutti possono produrre contenuti, con qualsiasi mezzo, e diffonderli sulle varie piattaforme con molta facilità (si pensi anche alla “rivoluzione” delle prime forme di citizen journalism).

“L’università ha due funzioni studiare e insegnare- dice Franco Anelli Rettore Università Cattolica del Sacro Cuore-. Questi nuove forme di comunicazione dunque vanno comprese e approfondite. I moti dell’animo sono stati inizialmente cantati, poi qualcuno ha trascritto quello che dicevano. Abbiamo iniziato a leggere e scrivere. Ora c’è qualcosa di ancora diverso perché non è l’arte performativa, ma l’atto nell’immediatezza assoluta. Bisogna quindi capire cosa sono e collegarli al contesto. Bisogna comprendere quali sono i mutamenti antropologici dello spostamento delle relazioni interpersonali che diventano miste: dal contatto personale a quello virtuale. C’è un’ansia di rappresentarsi che arriva a dei livelli talvolta patologici. Penso a chi per esempio filma il proprio reato. La volontà di rappresentarsi si spinge a dei livelli di autolesionismo assoluto”. Nel corso dell’incontro sono intervenuti anche Fausto Colombo, Prorettore con delega alle attività di comunicazione e promozione dell’immagine, Università Cattolica del Sacro Cuore; Camilla Fracasso, studentessa Università Cattolica di Scienze dei Beni Culturali, Tik Toker; Gio Russo, laureato in Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo in Università Cattolica (2012), Live Content Creator e la regista Elisa Amoruso, che ha diretto il documentario Chiara Ferragni- Unposted (2019), ma anche Bellissime (2019) e tanti altri film e che quest’anno ha vinto l’Orso d’oro alla Berlinale Series per The Good Mothers.

“Bisogna imparare a leggere l’audiovisivo- commenta Fausto Colombo-. Siamo nell’era dell’abbondanza, non solo come proposta audiovisiva, ma anche come produzione. I social ci consentono montaggi e trucchi sofisticati e ci spingono a produrre. Le storie sono importanti. Per questo voglio citare una frase di Umberto Eco: chi legge vive migliaia di vite. Ecco, questo è il nostro augurio”.

“Registi oggi possiamo esserlo tutti, ma diventare un regista è ancora frutto di uno studio più approfondito”, dice Elisa Amoruso. E poi: “Nei social la comunicazione per forza di cose è immediata e bisogna avere la prontezza di generare qualcosa, ma non si ha la possibilità di estendersi per quanto riguarda la narrazione e la drammaturgia. Il creator del social media da solo può fare tutto. Al cinema non è così. I registi hanno a disposizione l’esperienza e il lavoro di tanti altri professionisti. L’istantaneità e l’immediatezza stanno alla base dei social. Io non ero una fan dei social quando ho iniziato il doc con Chiara Ferragni. Non avevo dimestichezza e lei la prima cosa ha preso il telefono per annunciare che sarei stata io la regista del film. Una comunicazione immediata che funziona su un contenuto. Nell’ultimo mio lavoro ovvero The Good Mothers ho raccontato delle storie di ‘ndrangheta che avevano proprio bisogno di una narrazione non solo filmica, ma di una serie. All’inizio della mia carriera da regista ho fatto qualche pubblicità e ogni volta i miei formati erano troppo lunghi. La forma troppo breve forse non è la mia. Preferisco quasi la fotografia. Comunque il contenuto è sempre più importante del mezzo e io spero di produrre delle emozioni che arrivino”.