(Cinematografo/Adnkronos) – "Io conosco il contesto in cui vivo, la situazione del mio Paese e sono consapevole che il mio modo di fare cinema comporta dei rischi, ma dall’inizio mi sono imposto di accettare qualunque conseguenza". A parlare è il regista iraniano Jafar Panahi alla Festa del Cinema di Roma, in cui presenta 'Un semplice incidente', vincitore della Palma d'oro a Cannes e candidato francese nella categoria Miglior film straniero agli Oscar 2026.

Il regista, che questa sera riceverà il premio alla Carriera dalle mani di Giuseppe Tornatore, nonostante il suo coraggio, minimizza il suo sacrificio personale: "Quando vedo il popolo iraniano e i sacrifici che affronta ogni giorno per risolvere i problemi quotidiani, non penso che quello che sto facendo sia davvero un grande sacrificio. Quando ero in carcere, c’erano prigionieri in condizioni ben peggiori della mia, molti rinchiusi da 2, 5, 10 anni, costretti a sopportare situazioni insopportabili. Alcuni - ricorda Panahi - facevano scioperi della fame anche per 20 giorni senza che nessuno se ne accorgesse. Mentre se io smettevo di mangiare per due giorni, la notizia faceva il giro del mondo. Non ho fatto nulla di straordinario: le mie difficoltà non erano così grandi".

Un semplice incidente
Un semplice incidente

Un semplice incidente

(Les Films Pelleas)

Nel luglio del 2009, Panahi viene arrestato per aver partecipato alla cerimonia commemorativa di un manifestante ucciso durante i moti di protesta seguiti alla rielezione di Mahmud Ahmadinejad, mentre l’anno successivo gli viene imposto un divieto ventennale di girare film. Nonostante ciò, nel 2011 realizza, con la collaborazione di Mojtaba Mirtahmasb, il documentario 'This Is Not a Film' (presentato a Cannes), in cui racconta la propria odissea privata e inaugura una particolare forma cinematografica contemporaneamente biografica, poetica, politica e rivoluzionaria. Seguono 'Closed Curtain', 'Taxi Teheran', in cui usa la sua auto per riprendere conversazioni con amici e passanti, e 'Tre volti', viaggio nella provincia iraniana in cui si alternano documentario e finzione, premiato per la sceneggiatura a Cannes. Nel 2022 gira, 'Gli orsi non esistono', che riflette sulla condizione del suo Paese e contemporaneamente s’interroga sul suo ruolo e su quello del cinema: l’autore non ha però potuto presenziare alla presentazione del film alla Mostra del cinema di Venezia, dove ha vinto il premio speciale della giuria, poiché nuovamente arrestato con l’accusa di propaganda anti-regime.

Scarcerato nel 2023, ha realizzato due anni dopo 'Un semplice incidente' ('Un simple accident'). Qui, per la prima volta dopo quindici anni non mette più in scena se stesso, ma offre l’ennesima testimonianza di un’idea di cinema capace di coniugare impegno civile, sperimentazione formale e una libertà d’invenzione.

Jafar Panahi, foto KAREN DI PAOLA
Jafar Panahi, foto KAREN DI PAOLA

Jafar Panahi, foto KAREN DI PAOLA

"Io non so fare altro se non il cinema", ma "quando mi è stato detto che non potevo realizzare film per 20 anni sono rimasto scioccato. Avrei potuto lasciare tutto e pensare di smettere di lavorare". E invece no. Ha cercato "una soluzione perché volevo continuare a fare cinema. La mia motivazione è sempre stata realizzare film e sempre sarà così". Per Panahi "si possono trovare migliaia di motivi per non lavorare e smettere di fare film, ma basta una motivazione per realizzare un film", come dice sempre agli studenti di cinema che incontra. "Di fronte a migliaia di problemi e motivazioni che ti vogliono fermare è importante trovare una soluzione e finire il film". Ed è per questo che molti studenti "si lamentano spesso per la troppa difficoltà, ma il mio lavoro e quello di altri colleghi li hanno spunti a cercare soluzioni e oggi fortunatamente molti dei film iraniani si stanno realizzando".

'Un semplice incidente' è il suo primo film in cui una donna appare senza l'hijab: "Dopo il Movimento Donna Vita Libertà molte linee rosse sono state superate", spiega Panahi. "Una situazione del genere influenza tutti gli aspetti della vita e di conseguenza anche il cinema". Prima del movimento, "mostrare una donna senza velo sarebbe stata una finzione". E ora "se le mostrassimo con il velo sarebbe una finzione". Guardando alla situazione nel suo Paese, "gli iraniani sono più vicini l’un l’altro", dice. "È come se dopo il Movimento ci sia stata chiarezza nei rapporti umani", mentre "il regime vuole sempre creare distanza tra la popolazione".

Un semplice incidente
Un semplice incidente

Un semplice incidente

(Les Films Pelleas)

Panahi - dal 6 novembre nelle sale con 'Un semplice incidente', distribuito da Lucky Red - ricorda il momento della vittoria della Palma d'oro all'ultima edizione del Festival di Cannes spiegando il perché è rimasto immobile mentre tutti erano in piedi ad applaudirlo: "La sera prima della premiazione avevo ricevuto una telefonata da un amico detenuto mi ha detto 'Grazie per incoraggiarci sempre, se vincerai noi festeggeremo'. Io ho cercato di spiegargli che non era affatto scontato che avrei vinto, ma lui non voleva nemmeno prendere in considerazione l’idea che potessi non farlo. Era come parlare con un tifoso di calcio", ricorda il regista. Dopo quella telefonata "non sono più riuscito a dormire. L’indomani mattina a Cannes c'è stato un black out. Nel pomeriggio ci sarebbe stata la cerimonia di chiusura con la premiazione". Quel giorno "è stata tutta una corsa, di fretta ho afferrato un paio di occhiali che erano sul tavolo e sono uscita". Per tutta la durata della cerimonia "avevo addosso le parole del mio amico, sentivo una grande responsabilità sulle spalle". Ma "quando hanno pronunciato il mio nome, mi sono sentito libero. Solo dopo, però, mi sono accorto che gli occhiali che ho indossato non erano i miei, ma quelli di mia moglie".

Il regista conclude con una speranza: "L'obiettivo di 'Un semplice incidente' è chiedersi 'nel futuro questo circolo vizioso di violenza che genera violenza si fermerà o no? Vorrei che le persone che escono dalla sala continuino a riflettere", conclude.