Per il regista messicano Guillermo del Toro, la necessità di portare ancora una volta al cinema Frankenstein e la sua creatura fa il paio con quella di riproporre sul grande schermo l‘ennesimo Pinocchio, ossessione (e per alcuni banco di prova) di molti cineasti.

A ben guardare infatti la radice drammaturgica è simile: tanto Frankenstein quanto Pinocchio narrano la storia di un essere (umano?) assemblato da una figura paterna, sfidando le leggi della natura e il principio della creazione divina.

Per del Toro la vicenda raccontata da Mary Shelley – autrice alle prese con un’aspirazione peculiarmente maschile – è stata una fissazione fin da ragazzino, così come il personaggio di Pinocchio, protagonista del suo penultimo film. E si abbina ad un’altra preoccupazione dell’autore, quella di restituire dignità umana a coloro che la società emargina, definendoli “mostri”.

Ma con il suo Frankenstein (dal 7 novembre su Netflix) del Toro si spinge oltre il racconto di Shelley nel dare al “mostro” la possibilità di raccontare la propria versione della storia.

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