“Gaza richiederebbe una discussione molto lunga e approfondita. Non se ne può parlare velocemente di un argomento del genere. Ma posso solo dire: sono due popoli, quello palestinese e quello israeliano, catastroficamente rappresentati dai rispettivi governi.”

Così Daniel Day-Lewis, interpellato dal moderatore Federico Pontiggia durante l’incontro organizzato da Alice nella Città, che si è tenuto ieri all’Auditorium della Conciliazione di Roma.

Daniel Day-Lewis e il figlio Ronan alla premiere romana di Anemone (2025) - Foto Giulia Parmigiani
Daniel Day-Lewis e il figlio Ronan alla premiere romana di Anemone (2025) - Foto Giulia Parmigiani

Daniel Day-Lewis e il figlio Ronan alla premiere romana di Anemone (2025) - Foto Giulia Parmigiani

Sul palco il grande Daniel, oggi di nuovo aperto all’idea di tornare a recitare, a otto anni dal ritiro dalle scene: “Avevo pensato di smettere, non perché non fossi più innamorato del cinema, ma per un disagio legato all’aspetto pubblico del mio lavoro. Non ho mai imparato ad affrontarlo con naturalezza.”
Accanto a lui Ronan Day-Lewis, figlio e regista della sua opera prima, Anemone: un film prodotto dallo stesso Daniel con la Plan B di Brad Pitt, presentato in anteprima ad Alice nella Città e dal 6 novembre nelle sale con Universal Pictures.

Il film affronta temi di bruciante attualità: conflitti, crimini di guerra nell’Irlanda del Nord, pedofilia nella Chiesa, violenza genitoriale e incomunicabilità. Un dramma familiare scritto a quattro mani da padre e figlio e interpretato, oltre che da Daniel, da Sean Bean, Samantha Morton e Samuel Bottomley.

“Questo film tocca lati profondi, reali, orrendi e bui dell’umanità” prosegue Daniel. “Cose che esistono nel nostro mondo perché stiamo vivendo tempi terribili. Questi temi si sono sviluppati in modo inconscio, emergendo dai personaggi man mano che ne esploravamo la storia e il passato condiviso. Raccontiamo tutto questo, lo spargimento di sangue compreso, attraverso la natura: gli alberi, il vento, il cielo.”

Daniel Day-Lewis al Q/A condotto da Federico Pontiggia per la premiere romana di Anemone (2025) - Foto Giulia Parmigiani
Daniel Day-Lewis al Q/A condotto da Federico Pontiggia per la premiere romana di Anemone (2025) - Foto Giulia Parmigiani

Daniel Day-Lewis al Q/A condotto da Federico Pontiggia per la premiere romana di Anemone (2025) - Foto Giulia Parmigiani

Un’impronta visiva che porta la firma di Ronan, anche pittore: “All’inizio volevo realizzare qualcosa che avesse a che fare con la fratellanza. Io ho due fratelli e volevo raccontare anche la tragedia possibile in quei legami. Poi è emerso l’equilibrio del tono e l’elemento meteorologico è diventato centrale. Mi affascinava il tempo, e la mia esperienza di pittore si è fusa con la realizzazione del film.”

Un progetto scritto in famiglia e che parla di famiglia: “Tutto è partito dal desiderio di creare qualcosa con Ronan” spiega Daniel. “Abbiamo sempre inventato cose insieme, fin da quando era bambino. Lui è cresciuto come pittore e sapevo che sarebbe passato dietro la macchina da presa. Io, invece, mi ero allontanato da questo mondo. Così abbiamo pensato a un film intimo, contenuto, sull’esperienza dei fratelli e sul mistero dell’ignoto.”

Tre volte Premio Oscar come miglior attore protagonista, Day-Lewis è stato diretto da giganti come Sheridan, Scorsese, Spielberg e Anderson. Ma com’è essere diretti dal proprio figlio?
“Ronan è sé stesso, e questa è la sua forza” risponde. “Da pittore, vive di immaginazione. Ma fare cinema significa anche saper collaborare con un gruppo. È stato bravo a guidare e mettersi al servizio degli altri, non a controllarli. I registi migliori sono quelli che sanno dare spazio all’immaginazione dell’altro.”

Anemone © 2025 FOCUS FEATURES LLC. ALL RIGHTS RESERVED.
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4241_FP_00224 Sean Bean stars as Jem and Daniel Day-Lewis stars as Ray in director Ronan Day-Lewis’s ANEMONE, a Focus Features release. Credit: Courtesy of Focus Features / © 2025 FOCUS FEATURES LLC

Sul lavoro con Sean Bean, che in Anemone interpreta suo fratello, racconta: “Non abbiamo fatto prove. Abbiamo trascorso del tempo insieme in Irlanda, anche in silenzio. È nato un senso di complicità. Ronan è cresciuto con fratelli, io no, ma ho trovato quel legame attraverso l’amicizia. Con Sean ci siamo fidati e lanciati in questa avventura.”

A chiudere, la voce del regista: “Il tempo trascorso insieme ha permesso loro di costruire una familiarità reale. L’assenza di prove ha generato un’energia vulcanica sul set, perché non sapevano cosa sarebbe successo. Tutto è diventato più autentico e spontaneo.”