Capovolge il Teorema pasoliniano Totem della tedesca Jessica Krummacher: l'ospite non mina le fondamenta di una famiglia borghese, ma da questa viene prima fagocitato e poi espulso perché la stessa ritrovi l'equilibrio perduto. Fiona viene assunta come collaboratrice domestica dai Bauer, gente ricca e viziata, della Ruhr. Le sue mansioni sono infinite e spaziano dalla pulizia del grande appartamento alla cura dei figli, bambolotti di gomma compresi (che l'imponderabile signora Bauer alleva pensando di scaricare così le sue frustrazioni da menopausa precoce). Non previsto invece che funga da catalizzatore di psicosi e nevrosi familiari, ma così avviene in un escalation di abusi e umiliazioni che porteranno la giovane donna a cancellare letteralmente la sua esistenza dal folle consorzio familiare, e non solo...
Gelida requisitoria sulla degenerazione dell'odierna borghesia europea e del suo istituto cardine, Totem inquadra una famiglia narcisisticamente prigioniera di se stessa, sezionata - anche visivamente - in spazi rigidamente non condivisibili. L'unica possibilità di recuperare la propria armonia per questi individualisti senza speranza diventa allora, girardianamente, il ricorso a un caprio espiatorio. La Krummacher è al di qua del sadismo hanekiano - la soggettività di Fiona viene comunque messa in salvo, grazie al ricorso alla voce over a cui la protagonista affida sfoghi ed emozioni personali - ma concede davvero poco e mette tutto in campo medio, sezione clinica dello sguardo. Il sospetto che sia l'ennesimo esercizio di stile è forte, anche perché il tema non è certo dei più nuovi. Molto rigore per nulla?