Todas las fuerzas è il secondo lungometraggio dell’argentina Luciana Piantanida, ed è un film piccino picciò. In concorso al 43° Torino Film Festival, combina auto-determinazione femminile, superhero movie e empowerment migrante: tanta roba, temi pe(n)santi, ma trattati come?

In breve, anche perché lo chiede: dura 69’, segue Marlene (Celia Santos), che bada a un’anziana (Silvina Sabater): quando le scompare un’amica, indaga nottetempo, avvicinando l’altro mondo là fuori e, sopra tutto, scoprendosi dotata, al pari di altre creature marginali e resistenti, di poteri paranormali. Sicché la sequenza aerea che apre il film, analoga a quella che lo chiude – ah, la circolarità! – deve essere rubricata a soggettiva: sì, Marlene vola, e lotta, un poco, per noi.

Piantanida, che nel 2014 esordì con Los ausentes, si compiace di questo “poliziesco senza poliziotti”, che “al posto dell’investigatore privato ha una migrante che fugge dal lavoro per seguire le tracce di un caso”, e davvero vorremmo partecipare al gaudio, condividere l’entusiasmo, ma già piccolo Todas las fuerzas partorisce un topolino, anzi, un piccioncino: più che un film è un frullo d’ali, che la regista e sceneggiatrice vota alla pugna, alla resistenza degli umiliati e offesi, all’insurrezione dal basso, pardon, dall’alto, a volo d’uccello.

Cantava Grignani, “Un viaggio a senso solo / Senza ritorno se non in volo / Senza fermate né confini / Solo orizzonti, neanche troppo lontani”, e casca a pennello, eccetto per la destinazione: non è il paradiso, ma l’ignavia cinematografica quella di Todas las fuerzas.