Lo dichiara anche Jiang Wen a proposito del suo film che appare inizialmente sgangherato ma è, al contrario, il risultato voluto di un audace e raffinato depistaggio d'artista: "E' quasi impossibile descrivere o interpretare un film". Ci si ritrova nella medesima, difficile e imbarazzante situazione quando immagini e dialoghi de Il sole sorge ancora scorrono sgargianti di colori e finezze, assurdità ed equivoci, quasi illogico susseguirsi di scene e rumori, alcuni della natura e altri dell'artificio, gorgheggi d'acqua e telefoni squillanti, fucilate e uccelli parlanti, prima nella campagna umbratile, a seguire in una scuola-pastificio, poi ancora campagna e la stazione di Pechino; infine, il deserto dei Gobi con le cime spruzzate di neve e una locomotiva che scorre sbuffando su binari fioriti per accogliere un fantasmagorico parto finale. Ma bisogna pur dare consistenza al cinema caleidoscopico del quarantacinquenne affabulatore cinese e allora, senza troppo darsene ragione, perché sarebbe il modo meno idoneo, anzi decisamente sbagliato, per apprezzare il film, ecco di cosa si racconta: del rapporto di una madre "rampante" un poco folle e visionaria, sempre a scalar alberi e scavare buche, cercando ragioni di vita e salutare il sole risorgente, con un figlio che successivamente intratterrà una storia d'amore pericolosa con una bella donna dal ventre di velluto; poco prima seguiamo due infermiere perdutamente innamorate del proprietario di un panificio e coinvolte in una dichiarazione d'amore lunare e surreale, dopo che una delle due è stata importunata da più d'un pretendente - che si dovrà identificare in modo alquanto originale - nel corso della proiezione d'un musical cinese - e qui sogno e finzione, realtà e visione giungono all'estremo della bellezza e dei risultati artistici. Si ritorna in campagna, tra spari e squilli di tromba, fagiani e un gruppuscolo di marmocchi che funzionano come segugi, poi arriva l'epilogo, immerso in una natura selvaggia, candida e d'abbacinante, primitivo fascino, mentre una emblematica decisione si para dinanzi a due donne: seguire l'indicazione "fine strada" oppure "ancora strada". Chiaro che solo la seconda porterà a conoscere il proprio passato e permetterà di camminare nel proprio futuro, l'altra termina, invece, sulla cima di una montagna ove una grande mano impone di fermarsi mentre soltanto lo sguardo può spaziare e conoscere l'amore. Risultato non sperato e inaspettato per noi: questo film geniale è una medicina salutare per gli spiriti intorpiditi, depressi e piagnucolosi. Consigli per la visione: avere un vicino spettatore che sappia cogliere l'estro e l'assurdità del film e divertirsi insieme a te in questo viaggio verso chissà quale nuova dimensione del cinema e dell'essere.