L'Australia di Mad Max, al confronto, era Disneyland.

Quattro anni dopo il sorprendente Animal Kingdom, David Michôd torna alla regia con The Rover, scritto insieme a Joel Edgerton. Il "vagabondo" del titolo è Eric (Guy Pearce), solitario e silenzioso. Fino a che tre balordi, in fuga da un colpo finito male, non gli rubano l'automobile. E' l'inizio di una caccia che, naturalmente, finirà nel sangue.

La complessità e lo scavo del film precedente lasciano spazio ad una vera e propria "straight story" (per dirla alla Lynch): Michôd abbandona il degrado urbano di Melbourne e ci catapulta nel deserto australiano, "dieci anni dopo il collasso", come recita il cartello introduttivo. Lungo il cammino del protagonista ci sono solamente desolazione e brutture. Chiunque osi frapporsi al suo proposito - quello di ritrovare la macchina e, con lei, i tre criminali - pagherà con la vita. Tutti tranne uno, il fratello di uno dei tre (Robert Pattinson), abbandonato dalla gang in mezzo alla strada dopo il colpo perché ferito. Eric lo porterà con sé, affinché lo conduca al rifugio della banda.

L'inizio è folgorante, l'outback australiano è polverosa afa rotta da insospettabili sonorità asiatiche, con la repentina e spaventosa trasformazione di Pearce (il primo a farne davvero le spese è un nano che forse avrebbe fatto meglio ad offrirgli la pistola gratuitamente...). Lungo il cammino, poi, il film tende a "normalizzarsi", cedendo il fianco all'inevitabile crescita del rapporto, seppur disfunzionale, tra i due protagonisti. Pattinson interpreta un ebete. E ovviamente non va poi così male. Ma Guy Pearce è davvero di un altro livello.

Tutt'intorno è scarto sociale, eccetto qualche eccezione, e il controllo sembra essere appannaggio di qualche avamposto militare. C'è stata una guerra? Forse. L'unica cosa certa è che Guy Pearce deve ritrovare la sua auto. E alla fine capirete perché.