Neanche il tempo di accomodarsi in poltrona e Clovis Cornillac – che si fa in due: regista e attore - con un’elaborato piano sequenza unisce la morte di Marcel Péricourt, ricco possidente parigino a quella sfiorata del piccolo Paul, lanciatosi dalla finestra e atterrato sulla bara.

Madeleine – il nome sibillino è paternità di Pierre Lamaitre, autore della sceneggiatura e del romanzo cui Cornillac si ispira- sulle ceneri degli anni Venti, si ritrova d’improvviso così a gestire l’impero finanziario familiare e un figlio paralizzato. Ma il perfido economo Gustave (Benoît Poelvoorde), il cugino Charles Péricourt (Olivier Gourmet) tramano contro di lei: al primo investimento avventato, la ricca matrona perde tutto. Deve riparare con Paul, ormai adolescente, in una stamberga. Gustave le sfila patrimonio, castello, e pure la fascinosa governante Léonce Picard (Alice Isaaz), mettendosi in società con il cugino Charles e anche con il vecchio, oscuro precettore di Paul, ora giornalista prezzolato per intercessione proprio di Gustave. 

Quello che a primo achitto, però, può sembrare l’ennesimo, interpolato romanzo storico di respiro corale, in realtà si dipana presto con disinvoltura e chiarezza in un limpido esempio di revenge story tutta al femminile. Cornillac scopre subito le carte in tavola: a parte sé stesso, nei panni di Mr. Dupre, autista poi reinventatosi investigatore per la vendetta di Madeleine, i personaggi positivi -pur nella contraddizione – sono proprio la protagonista e Léonce, opportunista e traditrice sì all’inizio, ma che, sotto ricatto, diventa spalla decisiva per la sua vecchia governante. Senza dimenticare il soprano Solange Gallinato (Fanny Ardant), che con la sua voce riempie di affetto lo sfortunato Paul e ha l’ardire pure di sfidare a colpi di Va, pensiero Hitler a Berlino (notevole la scena in cui Ardant canta Verdi e la platea bardata di croci uncinate, Führer in testa, si svuota).

Così mentre Gustave, Charles brigano, accusano, diffondono mazzette e propagandano il progetto di costruire un avveniristico motore aereonautico, Madeleine e Léonce imparano a controllare e correggere gli eventi, architettando un piano machiavellico per sabotare gli affaristi e rientrare in possesso del maltolto.

Cornillac, ligio e intelligente nel riproporre gli snodi salienti del libro senza snaturarli, si mette in dialogo con il nostro tempo facendo giustamente il tifo per le donne. Pur spianandosi la strada con qualche forzatura narrativa qua e là, allestisce un esempio pregevole di cinema popolare (l’aggettivo non è spregiativo, anzi), mettendo i registri (la revenge story che si unisce alla detective, con punte comiche) al servizio totale della narratività.

Impianto romanzesco, messinscena fastosa e abbondante, qualità polifonica di recitazione, gestione della tensione e regia soppesata, Cornillac cade in piedi, e pur non rubando l’occhio, rilucida per lo spettatore un’incoraggiante ma ambigua storia di emancipazione femminile. Sedendosi e divertendosi con lui, senza altezzosità.