Giovanni Piovasco (Neri Marcorè) è un marziano a Roma. Il paragone fa venire in mente subito Ignazio Marino, l’ex sindaco di Roma, da tutti definito appunto un marziano. In realtà la storia di Giovanni si lega più a quella di un altro sindaco della capitale: Walter Veltroni, che ispirandosi a un suo libro, ovvero Quando (2017, edito da Rizzoli), presenta al Bif&est e porta al cinema, dal 30 marzo distribuito da Vision, un sognatore ingenuo che si è risvegliato dal coma dopo trentuno anni.

La sua vita è in pausa dall’estate del 1984. Caduto tra le bandiere rosse di Piazza San Giovanni, durante il dolore collettivo per la morte del segretario del Pci Enrico Berlinguer, per colpa dell’asta di una bandiera finita tragicamente sulla sua testa, e risvegliatosi tra le pareti bianche di un ospedale cattolico sotto lo sguardo di Giulia (Valeria Solarino), una giovane suora che si è presa cura di lui negli ultimi anni della sua degenza, Giovanni si ritrova in un mondo a lui sconosciuto.

Quel che c’era non esiste più: il Pci, l’Unione Sovietica, il muro di Berlino, la lira. I calciatori sono cambiati, i cantanti anche, e al posto del classico menù cartaceo ci sono tablet con tanto di qr code, nonché carbonare condite con la bottarga piuttosto che con il guanciale. In poche parole: il mondo è mutato. E Giovanni al suo risveglio dovrà fare i conti con una vita che ha passato dormendo. Con la Storia che non ha vissuto: il lancio delle monetine a Craxi, la strage di Capaci, l’attacco alle Torri Gemelle, il surriscaldamento globale, l’immigrazione. E con i ricordi del suo passato: il grande amore (Olivia Corsini) e il migliore amico (Gianmarco Tognazzi).

Dopo tanti documentari, dall’ultimo È stato tutto bello - Storia di Paolino e Pablito (2022) a I bambini sanno (2015), Veltroni dirige il suo secondo film di finzione, proseguendo il discorso sui “buoni sentimenti” iniziato con C’è tempo (2019), coadiuvato alla scrittura sempre da Doriana Leondeff. Nel cast, tra gli altri, anche Stefano Fresi, che lì era protagonista.

Non ne saranno passati trentuno di anni, come per Giovanni, ma da Quando c’era Berlinguer (2014) a Quando (non c’era Berlinguer) di tempo dietro la macchina da presa ne è trascorso parecchio anche per l’ex segretario del Pd, eppure la sensazione è quella che c’è ancora tempo, o meglio ce ne voglia ancora altro, per raggiungere quella maturità (scolastica e nel caso di Veltroni cinematografica) tanto agognata in primis dal suo protagonista. Le idee però ci sono (anche se non proprio originali visto che il cinema vanta una carrellata infinita di viaggi nel tempo. Uno su tutti: Good Bye, Lenin!). E non manca neanche un discorso politico che parla al passato guardando al futuro. Nostalgico, ma in qualche modo speranzoso.

Nel frattempo il Pd e la sinistra italiana tentano il “risveglio” con Elly Schlein. E Veltroni? Nel raccontare questa autobiografia collettiva è sulla strada giusta. E noi, fiduciosi nella rinascita (attenzione: non la libreria Rinascita che purtroppo ha chiuso), confidiamo quindi nel suo terzo lungometraggio di finzione.