Il punto di partenza è "Syriana", termine coniato dai pezzi grossi di Washington per ridisegnare i confini del Medio Oriente secondo gli "appetiti" occidentali. L'ipotesi del regista: un paese produttore di petrolio che rescinda il contratto di fornitura a una mega società americana. Quello che succede da questo momento in poi è plausibile e agghiacciante, una volta entrati nella storia. Stephen Gaghan, quarantenne prodigio alla seconda prova dietro la macchina da presa, delinea infatti una trama avvincente ma piuttosto complessa. Gaghan aveva già incominciato a interessarsi alle macchinazioni delle industrie petrolifere mentre lavorava a Traffic (premio Oscar per la sceneggiatura), poi Steven Soderbergh e Clooney, produttori esecutivi di Syriana, gli hanno dato da leggere il libro di Robert Baer. Gaghan è andato con lui in Medio Oriente, ha incontrato agenti della Cia, trafficanti di armi, leader del movimento islamico Hezbollah, quindi ha incominciato a lavorare allo script. Il progetto ha attirato l'attenzione di un ottimo cast di attori (molto bravi Matt Damon e Jeffrey Wright), che a loro volta si sono documentati moltissimo, e quella di Jeffrey Skoll. Chiamato nell'ambiente il "filmantropo" per il suo impegno cinematografico a sfondo politico e sociale (è il produttore di film come North Country e Good Night, and Good Luck), mister Skoll è prima di tutto il milionario fondatore di eBay (il portale di aste on line) che spende gran parte dei suoi soldi cercando di il colmare il grande gap tra ricchi e poveri, con una struttura ad hoc diventata in cinque anni un punto di riferimento nel settore. La prima, bellissima, immagine di Syriana è nel deserto: un pullman scassato preso d'assalto da decine di arabi che vanno a lavorare. Nel fotogramma successivo siamo a Teheran, qui parte la triangolazione della morte: armi, petrolio, servizi segreti. Dall'Iran si passa al Golfo dove l'idealista Principe Nasir (l'interessante Alexander Siddig), in vista della successione al trono, sta cercando di rendere economicamente indipendente il suo paese. Punta perciò sul migliore offerente e cede lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi ai cinesi, perché pagano di più. Per la Connex, gigante dell'energia, e più in generale per gli interessi economici americani nella regione è un brutto colpo. Ma la Connex corre ai ripari orchestrando un "matrimonio" con la Killen, piccola società petrolifera che ha appena chiuso un contratto vantaggiosissimo per accaparrarsi il gas del Kazakhistan. La parola chiave è corruzione, come dice Danny Dalton, membro del comitato di liberazione dell'Iran (!) all'avvocato Bennett Holyday, incaricato di pulire i panni sporchi della fusione. Nel frattempo il veterano della Cia Bob Barnes (George Clooney, ingrassato apposta di circa 15 chili) sospetta qualcosa: durante l'ultima missione un missile è misteriosamente scomparso eppure alla Cia non danno importanza all'accaduto. Bob da buon soldato non si è mai fatto molte domande, ora però vuole sapere. Parallelamente Gaghan segue le vicende di Wasim, un giovane pakistano che ha lasciato casa e famiglia per andare nel Golfo e ha trovato invece miseria e alienazione. Come in un gigantesco puzzle ogni tassello si incastra a perfezione con il successivo, Wasim diventa l'emblema del desiderio di riscatto del popolo arabo, di migliaia di giovani derelitti che sono carne da macello nelle mani dei fanatici. Le immagini sono rigorose, quasi scarne, efficaci come i dialoghi, grazie anche al direttore della fotografia Robert Elswit che ha girato tutto il film con due macchine a spalla. Il messaggio è forte e chiaro: il sistema è marcio e destinato all'autodistruzione. Il film una bomba: nel gran finale Gaghan tira in ballo affaristi di ogni genere, servizi segreti che progettano stragi a tavolino, Bush. Sono cose che si sanno, ma vedersele spiattellate in faccia fa un altro effetto.