Che c’è di peggio di una guerra? La guerra dei e nei bambini, che ne accorcia le vite, ne mutila le stagioni, e segnatamente ne accorcia l’estate: in cartellone alle Giornate degli Autori, Short Summer della russa esiliata in Germania Nastia Korkia se ne fa carico, raccontando sullo sfondo contundente delle guerre cecene lo stato dell’arte di una bambina di otto anni, con i nonni a pezzi e la vita come un romanzo russo – ma non dei migliori.

È un film di suggestioni, annunci garbati, iterazioni non cacofoniche, disvelamenti e imprinting che alla piccola Katya (Maiia Pleshkevich) chiede la grammatica dell’evenienza, la sintassi dell’esistenza, la prosa della sopravvivenza: la vacanza non è vacanza, la pace è vacante, “la guerra e la paura si insinuino silenziosamente nella vita quotidiana, plasmando il mondo di una bambina non con eventi eclatanti, ma – dice Nastia Korkia - attraverso piccoli dettagli: discorsi sussurrati, l’inquietante verificarsi di attacchi terroristici nelle vicinanze, notizie di guerra in televisione”.

Fanciullina in un mondo suo malgrado, in un modo non altrimenti, Katya perfeziona una sottile, sensibile riflessione sul contagio del conflitto, la resistenza dell’umano, la desistenza della ragione: “Non è mia intenzione moralizzare, bensì riflettere sulla negazione, sull’impotenza e sul coraggio silenzioso che ci vuole per affrontare la realtà”.

Per la forma che si dà, per la partitura che si prende, Short Summer rischia la sottovalutazione, ma la sua piccola luce – che è il riverbero del vetro impugnato da Katya che apre e chiude il film – rischiara orizzonti di senso non peregrini: c’è possibilità nei frantumi, salvezza nel clangore, infanzia nel mondo, libertà nel gioco? Limitiamoci all’ultima questione, ancorché retorica come le precedenti: che fare, se il primo gioco del film è quello di due ragazzini che a mo’ di soldati russi impegnati in operazioni antiterrorismo apparecchiano un posto di blocco ed estorcono con ogni verosimiglianza del denaro (spiccioli) ai genitori di Katya?

Già alla Mostra del Cinema di Venezia con il documentario GES-2 nel 2021, Nastia Korkia firma un romanzetto di formazione che è un’ode silenziosa ma non silenziata alle cose che rimangono, e l’umanità per prima.