Al secondo lungometraggio, finalista al Biennale College di Venezia 82, la regista indiana Nidhi Saxena continua la sua esplorazione poetica del desiderio e della libertà, femminile e non solo, prediligendo metafore, simbolismi, non abbandonandosi mai del tutto alle pulsioni concrete.

Con la sua Forest Flower Films, Nidhi Saxena, scrittrice, regista ed artista, ha iniziato un percorso emozionale, intimo, mitologico ma concreto dentro le vite delle donne che lei rappresenta e conosce, provenienti dai paesaggi remoti del Sud-est asiatico. Lì molte storie di solitudine, di confronto con la memoria collettiva, di ribellione, di desiderio, non sono raccontate, come spesso accade anche nella nostra parte di mondo.

Il film di debutto di Saxena, presentato a Busan, Sad Letters of an imaginary woman, confrontava due generazioni di donne e partiva dall’esperienza reale e semi autobiografica della regista per iniziare un immaginario dialogo con il pubblico, non solo femminile e mostrare conflitti interiori, universali.

Con Secret of a Mountain Serpent, tra i progetti finalisti del biennio 2024-25 del Biennale College, presentato in anteprima all’82 Mostra d’arte Cinematografica di Venezia, Nidhi Saxena, riprende quel dialogo, mai abbandonato. Parla per metafore e si fa accompagnare da simbolismi, la meditazione, il vento che sposta le tende e i vestiti e un silenzio di sentimenti sibilanti nell’accompagnarci dentro il dilemma che vive la sua protagonista, Barkha (Trimala Adhikari), insegnante solitaria, forse, a causa di un marito lontano, al confine, impegnato a combattere nella guerra di Kargil.

Come delle moderne Penelope, Barkha e le altre donne della remota cittadina himalayana devono solo attendere e lavorare, attente a non lasciarsi andare a nulla e nessuno, ma soprattutto a intrappolare se stesse dentro una routine di lavoro, camminate nei boschi e capelli rigorosamente legati o da legare, come in un rituale.

Tra le azioni che più vediamo compiere alle donne in quasi 100 minuti è intrecciare i capelli, come a riprendere controllo di sé e mettere una barriera tra loro e il mondo esterno. È infatti questo l'istintivo gesto che fa Barkha al primo incontro, su un bus, con Manik Guho (Adhil Hussain), misterioso forestiero che poi si scoprirà ingegnere e poeta, in reazione al suo scrutare. Lui ne capirà il timore e tranquillizzandola, inizierà la prima “comunicazione” con la donna per instaurare un’amicizia e farsi conoscere. Il virgolettato è d’obbligo poiché è chiaro che Nidhi Saxena si crogiola nelle allegorie, esplorando il desiderio inespresso di Barkha verso quest'uomo che arriva a sconvolgere la sua realtà e quella delle donne della comunità, tanto invaghite da questa presenza da far attecchire la credenza in un mito che si diffonde a macchia d’olio nel paesino.

La leggenda infatti vuole che un serpente, da tempo immemore, rivendichi il possesso di una giovane donna, promessagli mille anni prima. Vive nel fiume proibito, dove non ci si può bagnare, in attesa. Hanno veramente tutte avvistato la creatura? segni del suo passaggio, come la sua muta, compaiono tra pagine di un quaderno, a terra nei sentieri. Lo chiamano, mai a piena voce, nei boschi, invitandolo a mostrarsi. E come è inevitabile, Nidhi Saxena cede alla pulsione scontata di completare l’allusione tentatrice, aggiungendo, al serpente, l’ovvia mela, simbolo del peccato, del proibito.

Secret of a Mountain Serpent, è, infatti, in piena “avanguardia pura”, letteralmente, circondato di mele, finte a decorazione di un tavolo, cotte per farne un succo, troppe che “poi nessuno mangerà mai”, marce lasciate a terra, da addentare in solitudine. Una mela, un serpente, il fuoco che divampa nelle case e uno sconosciuto che risponde ai sussurri di Barkha in poesia.

Tutto è bisbigliato, dicevamo, fino ad arrivare a sibili e persino rantoli: le parole che Maniko sussurra o insinua all’orecchio di Barkha, i passi felpati che la portano lungo il fiume, i racconti dei sogni che Barkha e il marito ( che è tornato o intermittente) condividono perché, rigorosamente sottovoce, si confessano che è ciò che succede quando si dorme nello stesso letto.

Al secondo film Nidhi Saxena chiarisce che il suo è un cinema di riflessione, visivamente soddisfacente ma che nella sua esplorazione poetica, come l’ha definita, perde di mordente poiché si concede libertà solo quando fa sciogliere i capelli alle sue donne e le fa bagnare nude e libere ( o forse schiave del desiderio) nel fiume. Secret of a mountain serpent non dice mai le cose ad alta voce, contempla in silenzio, prendere o lasciare.