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Roqia
Le prime immagini sono brutali, atrocità commesse in Algeria negli anni Novanta in nome del fanatismo, almeno così sembra. Donne e bambine sgozzate o trucidate, poi Roqia arriva al presente dove vediamo un anziano musulmano che esegue esorcismi con l’aiuto di un allievo.
La divisione in tre capitoli di Roqia scritto e diretto da Yanis Koussim, in concorso alla Sic a Venezia 82, dovrebbe aiutarci a non smarrirci nella storia che comunque resta grezza e nebulosa.
Il terzo e ultimo atto ha come protagonista Ahmed che, nel ‘93, a causa di un incidente d’auto ha avuto una brutta amnesia e torna al suo villaggio natale, dove nulla gli appare familiare, né la moglie né i figli. Il più piccolo, spaventato dal volto bendato di Ahmed, è terrorizzato. Ogni notte, strani visitatori tormentano Ahmed, sussurrando litanie in una lingua sconosciuta.
Scopre di essere stato in Afghanistan e di essere stato il prescelto, ma per che cosa? Il vicino di casa lo inquieta e ha ragione: per Ahmed non c’è niente di promettente. Anzi.
Torniamo ai giorni nostri, Raqi (l’esorcista, interpretato da Mostefa Djadjam) è ormai anziano, e lotta apparentemente contro l’Alzheimer. Invece no, perché non siamo in un film drammatico ma in un horror. Con tanto di polizia, detective e bagni di sangue. Bisogna incoraggiare chi cerca di realizzare opere di un genere che è sempre una bella sfida, però anche una buona scrittura aiuterebbe.