Qualcuno con cui correre è un esempio di come dalla buona letteratura a volte si possa tirare fuori dell'onesto cinema. Contro le prescrizioni dei puristi –  il film è una cosa, il testo letterario un'altra – l'israeliano Oded Davidoff ha il merito di restare fedele al bel romanzo di David Grossman, lontano da inutili personalismi e reinvenzioni. Regia invisibile per una dignitosa storia di formazione in cui corrono in tanti. Corre Assaf, alla ricerca della padrona di un labrador che lo trascina per le vie più malfamate di Gerusalemme; corre Tamar, una ragazzina tostissima, col dono della voce (Bar Belfer è brava a stare in scena, meno a cantare) e qualcuno da salvare; e corre Shay, fratello di Tamar, in fuga da tutto e tutti, nel sangue la musica di Hendrix, nelle vene l'eroina. Sullo sfondo una capitale che non è quella degli ultradossi di Mea Sharin e neppure quella del Muro del Pianto, ma brulicante città globale, lercia e uguale alle altre, dominata dalla fisica sociale di Dickens, dove i carnefici prosperano sulla pelle dei giusti, i reietti spopolano, il male si allarga come un buco nero, e gli innocenti vincono anche quando perdono. Se trovano qualcuno da prendere per mano. Qualcuno con cui correre.