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Nino
Tra tre giorni Nino (Théodore Pellerin) dovrà affrontare una grande prova. Fino ad allora, i medici gli hanno assegnato due missioni, due imperativi che guideranno il giovane attraverso Parigi, spingendolo a riconnettersi con gli altri e con sé stesso.
Opera prima della francese Pauline Loquès, in cartellone alla Semaine de la Critique, Nino è una sorta di Diario di un - non ancora - curato di città qui e ora, ovvero un giovane uomo diagnosticato di tumore alla gola per complicanze da papilloma virus, che tra incontri e solitudine, sconfitta ma non resa va per il mondo e per il destino con un minimalismo di disperato e timido, tenero e circospetto sentire, non scevro di umiliazioni, dolori, vorrei ma non posso.
Da antologia la masturbazione adiuvata dall'amica al walkie-talkie per raccogliere il seme e donarsi una futura paternità prima che le terapie lo rendano infertile.
Con Jeanne Balibar, Mathieu Amalric e lo straordinario protagonista Théodore Pellerin, con In the Modern World sui titoli di coda per un commiato di senso, Nino interroga sul passato (la cena con la madre), il presente (la festa di compleanno) e il futuro (l'amica ritrovata), per una grammatica sentimentale, una sintassi pudica, una narrazione salvifica – e ineluttabilmente laica.
L’eponimo protagonista si fa carico del male del mondo, prendendosi – e qui la simmetria con il curato di Bresson non solo regge, ma s’affina – un cancro, ma non la disperazione: la Via crucis è sensibile, non programmatica, tantomeno religiosizzata.
Nino va, e speriamo non se ne vada, prende il film e lo rende garbato e compito, assertivo e sommesso a sua immagine e somiglianza, facendo del proprio peregrinare narrazione, del proprio com-missionarsi miracolo per immagini e suoni. Ha, per dirla con Peppo Pontiggia, “simpatia per il mondo”, e noi per lui, furetto ferito, braccato dalla malattia ma non rassegnato alla morte – e nemmeno a lasciarsi vivere.
Loquès dà prova di ammirabile misura, di cura e fioretto, ché tutto è preciso ma non arido, geometrico ma non sfacciato. Tutto ha il sapore della realtà, l’amarognolo della verità, e brilla negli occhi di cerbiatto di Nino, mai preda e mai predatorio delle nostre emozioni. Della nostra vita.
Confidiamo in Alice Rohrwacher, presidente di giuria della Caméra d’Or al migliore esordio del festival: daje, Nino.