Con l'adattamento dell'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer il regista inglese Stephen Daldry torna a una messa in scena già efficacemente esplicitata in The Hours.
Rispetto al precedente e più stilizzato The Reader qui ci troviamo di fronte a un lungometraggio orchestrato per cavalcare tutte le coordinate specifiche del melodramma. Sfruttando soprattutto l'eleganza della fotografia di Chris Menges e la potenza melodica della musica di Alexandre Desplat, Molto forte, incredibilmente vicino punta dritto alla sfera emotiva del pubblico.
Il gioco è visibilmente scoperto, ma questo non toglie che il risultato finale sia poderoso. Daldry dimostra fin dalle prime scene di poter maneggiare con sicurezza lo script elaborato che lo sceneggiatore Eric Roth gli ha messo a disposizione. Il suo gusto per le immagini è un connubio di coerenza estetica e di eleganza visiva, tutti fattori che legati tra loro dal montaggio concorrono a creare una confezione ineccepibile. Il resto lo fa un gruppo di attori in stato do grazia: il giovane protagonista Thomas Horn regala un approva di energia rabbiosa, a cui fanno da acutissimo contraltare due star come Tom Hanks e Sandra Bullock. Ma il dominatore assoluto di Molto forte, incredibilmente vicino è il "grande vecchio" Max von Sydow, che compone gesto dopo gesto una prova mimica di bellezza stordente. In tutti i momenti in cui quest'attore straordinario rimane in scena la qualità e la potenza drammatica del film si innalzano sensibilmente.
Giunto alla sua quarta regia, Stephen Daldry continua a imporre la sua poetica con una sicurezza quasi sfrontata: questo film rappresenta un nuovo, emozionante tentativo di raccontare storie di dolore e ricerca. Come Billy Elliot, Virginia Woolf o il Michael di The Reader, anche il giovane protagonista di Molto forte, incredibilmente vicino è un animo ferito che deve trovare un senso a quanto gli succede intorno, una valvola di sfogo per la sofferenza che lo infiamma dall'interno. Impossibile non emozionarsi.