Ethan Hunt è tornato. Tom Cruise é tornato. Per entrambi la Mission: Impossible è relazionale. Il fidanzamento e il matrimonio per Ethan, il matrimonio e la paternità per Tom: It's a Family, dicono attore e personaggio. Il minimo comune denominatore sta nella difficoltà di conciliare dimensione privata e status professionale. Agente segreto, essere umano, star hollywoodiana: la persona sta in un inciso, claustrofobico. Se Ethan deve fronteggiare lo scetticismo dei colleghi della squadra IMF, che ritengono incompatibile il suo legame con Julia (Michelle Monaghan), Tom deve fare i conti con la disillusione ostile dei mass-media - da lui stesso stimolata con varie mattane - nei confronti della sua unione con Kate Holmes. Nell'epilogo Julia ed Ethan incassano la benedizione dell'unità missioni impossibili, per Tom e Kate il placet dei mezzi di comunicazione pare un traguardo più lontano. Fin qui il gioco di specchi tra finzione e realtà, veniamo al film. Dopo Brian De Palma (1996) e John Woo (2002), dietro la macchina da presa di questo terzo capitolo si è piazzato Mr. Lost J.J. Abrams, forte dell'esperienza televisiva accumulata sul campo dell'action. La sua mano, anzi l'occhio, si sente: in positivo, nell'agilità del passaggio tra registri diversi e nella fluidità drammaturgica; in negativo, nella concessione a un didascalismo emotivo da fiction-tv. Ma il punto d'onore di Abrams sta nel non essersi fatto schiacciare dall'ego monarchico di Cruise, che nella Guerra dei mondi aveva messo KO la regia di Spielberg. La bravura nel dirigere gli attori emana anche dall'affiatamento tra i membri dell'IMF Ving Rhames, Jonathan Rhys Meyers e Maggie Q, dall'antagonismo sommerso tra i capi Laurence Fishburne e Billy Cudrup e dalla calibrata recitazione del villain Philip Seymour Hoffman. Il resto è credo dogmatico nelle ragioni dello spettacolo: profluvio di effetti speciali, stuntman a go-go, montaggio sfrenato, refrain topici e gigantismo produttivo. Non mancano sottotesti non allineati: una strisciante paura apocalittica che è figlia naturale dell'11 settembre e la denuncia, ancorché frettolosa, dell'amoralità della politica. Ma, ricordiamo, la missione è impossibile.