A dieci anni dall’ultimo film Abus de faiblesse tratto dal proprio romanzo autobiografico, la regista francese Catherine Breillat torna al lungometraggio con Ancora un’estate, in Concorso a Cannes 76.

Nota se non apprezzata per Romance (1999), A mia sorella! (2001) e Pornocrazia (2004), il primo e il terzo con il nostro Rocco Siffredi, la settantaquattrenne cineasta scrive con Pascal Bonitzer il remake del danese Dronningen (2019) di May El-Toukhy inquadrando la relazione tra la capace avvocata Anne che difende minori fragili e problematici (Léa Drucker), il suo più maturo facoltoso compagno Pierre (Olivier Rabourdin) e il figlio adolescente di questi, Theo (il debuttante Samuel Kircher): le geometrie non troppo variabili sono quelle del triangolo, e non equilatero.

Possiamo sicuramente lodare Drucker, César 2019 per Jusqu’à la garde di Xavier Legrand, e nemmeno gli altri due interpreti sono tanto male, ma ravvisare altri elementi di franco interesse in siffatto thriller allettato è ostico se non proibitivo: sappiamo nel momento stesso in cui compare l’adolescente alfa come finirà, e non perché si sia visto l’originale danese.

La coda giudiziaria, pure quella, dato il lavoro di lei era attesa, in mezzo a che dovremmo plaudire, forse all’autodeterminazione femminile a essere stronze? Invero Breillat è tacciabile di misoginia: con un altro genere dietro la macchina da presa, ci si sarebbero stracciate le vesti.

Belle, nell’ordinario, le luci di Jeanne Lapoirie, a confermare il destino dei film con buona fotografia, Ancora un’estate non si capisce se volesse lo scandalo, se voglia l’esecrata, verbatim, normalità o che altro ancora: le schermaglie non sono del tutto sprovviste di ironia, le scene di sesso di qualche gusto, ma è un film basso, perfino deteriore, un po’ soap, un po’ snob e un tot manifesto (anti)femminista, che non ritrova né la Breillat migliore né un’inconfutabile continuità poetica.

Non si dovrebbero fare paragoni ma li facciamo: Anatomia di una caduta di Justine Triet questo Ancora un’estate se lo pappa alla prima inquadratura. E, già che ci siamo, May December di Todd Haynes alla terza.