Si spengono le luci sulla Croisette. Edizione vibrante, con un’ottima qualità dei titoli proposti e un alto tasso di glamour. Il film di chiusura gioca sui contrasti, sugli opposti. Elemental di Peter Sohn ha fatto calare il sipario, in un anno in cui acqua e fuoco si sono effettivamente scontrati: una pioggia torrenziale la prima settimana, l’arrivo dell’estate per la seconda. Proprio come a Elemental City, in cui le fiamme e la loro nemesi devono trovare un’armonia.

La Pixar ragiona sulla percezione, sui sensi. Segue il filone inaugurato da Inside Out, capolavoro ormai irraggiungibile. Dal cervello ai colori, in Elemental si sottolineano le cromature e si mette in scena una storia d’amore impossibile. È l’amor fou, lo stampo alla Romeo e Giulietta, che si mescolano alla riflessione sociologica.

Elemental City, come a suo tempo la megalopoli di Zootropolis, è lo specchio della società americana (e non solo) di oggi. Ci sono i grattacieli, le sopraelevate, le gerarchie che dividono i borghesi da chi ha meno. Ma soprattutto i protagonisti sono i rifugiati, i migranti, chi ha abbandonato la propria terra per ripartire da zero in un luogo in cui è bistrattato. A suo modo è stato anche il fulcro del film di Ken Loach presentato in concorso qui a Cannes, The Old Oak. Il cinema si dimostra attento al presente.

In Elemental la famiglia in cerca di fortuna all’inizio fatica a trovare una casa, perché nessuno la vuole accogliere. Sono fiammelle che parlano una lingua diversa. E rischiano di incendiare tutto. Ancora una volta lo straniero fa paura. La Disney, come da tradizione, punta sulle emozioni. Due comunità distinte, che potrebbero esistere a Little Italy o nel Bronx, si incontrano e si scontrano. Gangs of New York? No di certo, altrimenti i più piccoli farebbero fatica.

Qui la struttura è da commedia leggera, in cui lo spirito romantico vince su tutto. Niente di nuovo, s’intende. Al centro della narrazione c’è una principessa “incandescente”, che invece di spegnersi nel cuore liquido del suo amato, capisce come accenderlo e farlo brillare.

Trionfano i buoni sentimenti, uno sguardo trasversale sull’attualità e l’intrattenimento per la famiglia, anche se forse si poteva osare un po’ di più. Rimanendo sulla scia di Inside Out, le anime irrequiete di Soul sapevano toccare le corde giuste.

Il punto di forza di Elemental, oltre all’idea da cui scaturisce l’avventura, è l’impianto visivo. I “disegni” lasciano a bocca aperta. C’è una grande cura per i dettagli, ma a spiccare è una particolare attenzione per i tratti che caratterizzano le fiamme. Nonostante la computer grafica, hanno un sapore antico, sembrano dipinte, sanno fondersi l’una nell’altra. Peter Sohn torna dietro la macchina da presa per la Disney dopo Il viaggio di Arlo: rischia pochissimo, si adagia su modelli precostituiti, ma sa comunque come far battere il cuore in un universo parallelo sempre più lacerato.